I ricercatori all’estero devono dichiarare in Italia anche i redditi conseguiti all’estero se iscritti tardivamente all’Aire

da | 23 Ott 2018 | 0 commenti

Tempo di lettura: 2 minuti

Notizie utili in particolare per i ricercatori italiani. Chi risiede in Italia, ma ha conseguito redditi anche all’estero, deve pagare le tasse sull’insieme dei redditi percepiti, indipendentemente da dove essi siano stati prodotti. Vanno cioè pagate le tasse su tutti i redditi, siano essi conseguiti in Italia o all’estero”.  Invece chi è iscritto all’Aire, là dove sia tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi in Italia, per redditi qui conseguiti, deve pagare le tasse solo sui redditi prodotti in Italia, e non su quelli conseguiti e tassati all’estero. Vanno considerati residenti in Italia tutti coloro che, per la maggior parte del periodo di imposta (almeno 183 giorni), sono iscritti all’anagrafe in Italia o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza fiscale ai sensi del Codice Civile”. Lo segnalano in una nota congiunta dichiarano in una nota congiunta i parlamentari Pd eletti in Europa, Laura Garavini, Angela Schirò e Massimo Ungaro.

“Lo attesta – proseguono i parlamentari  – una recente comunicazione dell’Agenzia delle Entrate (n. 26 del 4 ottobre 2018) in risposta ad un cittadino italiano che chiedeva chiarimenti sul trattamento fiscale dei redditi derivanti dalla sua attività di ricerca. Il lavoratore italiano, operante nel caso specifico negli USA (ma la questione vale per ogni luogo di residenza all’estero), si era iscritto all’Aire soltanto nel novembre del 2017. Il connazionale, facendo riferimento alla convenzione contro le doppie imposizioni fiscali tra Italia e Stati Uniti, sosteneva di non essere tenuto a dover dichiarare in Italia i redditi conseguiti negli Stati Uniti nel 2017. L’Agenzia delle Entrate invece ha rilevato che l’interessato sebbene lavorasse negli Stati Uniti nel 2017 si era iscritto all’AIRE troppo tardi (solo nel novembre del 2017). Pertanto, in virtù di quanto stabilito dagli 2 e 3 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), doveva essere considerato fiscalmente residente in Italia”.

“Di conseguenza il contribuente, risultato residente in Italia per il 2017 perché iscritto troppo tardi all’AIRE, –  concludono Garavini, Schirò e Ungaro – deve dichiarare in Italia anche il reddito conseguito all’estero per l’attività di ricerca, fatte salve eventuali detrazioni e deduzioni previste dalla legge italiana”.

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