Dove andrà il Brasile?

da | 1 Ott 2018 | 0 commenti

Tempo di lettura: 3 minuti

BrasileProponiamo un commento di Tâmisa Domeneghine Tiveroli a proposito delle imminenti elezioni presidenziali in Brasile.

Diversità, una parola che incanta. Per imparare dagli altri dobbiamo prima di tutto rispettarli. Il mondo è plurale, così come le persone, le idee, le credenze, gli stili di vita. E la democrazia si nutre anche di questo. Quando c’è un’elezione, in uno stato democratico e laico come il Brasile, il candidato ideale sarebbe quello che offre la possibilità di un dialogo con tutti, senza confini e intolleranze. E il 7 ottobre avranno luogo le consultazioni per scegliere il nuovo presidente, consultazioni che vedono confrontarsi più di 30 partiti politici e 13 candidati.
Il primo nei sondaggi è Bolsonaro, un ex-militare di estrema destra, diventato popolare proponendo soluzioni apparentemente semplici a situazioni ormai radicate nel Paese come la delinquenza e la corruzione. Soluzioni che tuttavia si basano su violenza e intolleranza. Un candidato che si dichiara contrario ai diritti umani e pronuncia discorsi di odio, è accusato di misoginia e razzismo, difende un concetto unico di famiglia e ha sostenuto più volte che le donne sono inferiori agli uomini. Proprio per questo ha un pessimo rapporto con il pubblico femminile, come testimonia il gruppo su Facebook “Donne unite Contro Bolsonaro”, il cui slogan #EleNao (#LuiNo) ha superato i due milioni di iscritti in pochissimo tempo.
Dietro di lui c’è Ciro Gomes (PDL), candidato su posizioni maggiormente di centro e più aperte, anche se non ha ancora discusso argomenti quali la legalizzazione dell’aborto o la liberalizzazione della marijuana. Propone, però, programmi e miglioramenti nel sistema di sicurezza sociale.
Haddad (PT) è contro la privatizzazione, vuole ampliare i programmi sociali, propone una donna come vice ed è a favore della legalizzazione dell’aborto, una pratica che considera «una questione di rispetto verso le donne». La situazione del suo partito non è favorevole, con l’ex presidente Lula in carcere e Dilma Rousseff in stato di impeachment.
Cè poi una candidata donna, Marina Silva, ambientalista, nera, che in passato ha lavorato come “seringueira”. Anche se la sua traiettoria politica si è sviluppata nella sinistra, è evangelica, della chiesa dell’Assemblea di Dio, e non nasconde posizioni moralmente conservatrici, che cerca di conciliare con la promozione di un’agende sociale e progressista, basata su punti quali la riforma agraria, il disarmo e una rigorosa politica di conservazione dell’ambiente.
Il Brasile è stato per anni danneggiato dai politici che hanno fatto i propri interessi, sviluppato pochi progetti, inserito figli e parenti nel sistema e incrementato la disuguaglianza. Molti politici lottano per aumentare il reddito della popolazione, anziché cercare di ridurre la disuguaglianza: un errore quasi impercettibile che può essere fatale. Alla base di ogni discussione ci deve essere la consapevolezza di rappresentare un paese tropicale, pieno di varietà e bellezze e con grandi potenzialità economiche, ambientali e culturali. È tempo di realizzare la diversità e onorarla.
(Tâmisa Domeneghine Tiveroli – brasiliana, avvocatessa, attiva nella difesa dei diritti delle persone con disabilità, terapista e volontaria presso l’Abm)

Per i brasiliani che vivono fuori dal Brasile, è possibile votare nella sede delle ambasciate, negli uffici consolari o nei luoghi in cui ci sono servizi del governo brasiliano. In Italia lo si può fare a Milano, Venezia, Roma e Firenze. Informazioni su: www.tse.jus.br

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