“Avevo quindici anni, andavo in cerca di frasche, cioè di bastoni per la crescita dei fagioli, erano i primi di giugno. Mi sedetti all’ombra di un cespuglio, mettendo la mano sull’erba fresca, era così fresca che vi appoggiai anche la guancia e mi fece così bene che mi adagiai. Ad un tratto sentii qualcosa scendere sulle guance e mi accorsi che stavo piangendo: perché? Stavo pensando: l’anno prossimo non sarò più qua! Difatti l’anno dopo, a metà di marzo, prendevo per la prima volta a Longarone il treno per Cremona; era l’anno 1948, l’anno che io da sempre conto come inizio della mia migrazione. A Cremona c’è, se non sbaglio, la più alta torre d’Italia. Appena ebbi occasione vi salii: volevo se era possibile vedere all’orizzonte un po’ di bianco, i monti. Guardai da tutti i lati, di monti niente; ci tornai più volte, ma quel che cercavo non lo vidi mai. Ai primi di settembre si mise a piovere, e dissi: la stagione è finita, presi la palla al volo e ritornai al mio amato paese. L’anno dopo però ritornai al paese dopo 19 mesi, perché avevo voluto fare qualcosa anche nei mesi invernali : andavo al mulino, e almeno mi guadagnavo da vivere e così fu anche per gli anni dopo. A 22 anni e 6 mesi andai militare, mi feci mettere autista, la patente l’avevo già, ma volevo imparare a fare il camionista. Pensavo: quando torno a casa avrò un lavoro, così rimarrò a Zoldo. All’inizio andavo bene, avevo un camion e trasportavo truppe, materiali, ma dopo poco ebbi un guasto al motore. Ero diciamo disoccupato, ma proprio in quei giorni l’autista del vice comandante del reggimento si ammalò e chiamarono me a sostituirlo. Alla fine della prima uscita, il ten. col. mi disse: da oggi sei a mia disposizione, e così fu il resto della naia. Provai più volte a farmi rimandare con il camion, niente da fare, tornai a casa sì con la patente, ma mi mancava la pratica. Così cercai di trovarmi un lavoro, ma senza troppa convinzione. A quei tempi, anno 1954, lo Zoldano era al culmine delle partenze per la Germania. Era stato aperto anche un ufficio di assunzioni in cui anch’io mi ero iscritto, ma era già marzo e ancora niente. Avevo deciso di tornare a Cremona, quando proprio in quei giorni mi chiesero se volevo andare a lavorare in Germania e così il 25 aprile 1955 partii per la Germania. “ Per una stagione si può provare”, ritornai dopo un’estate, un inverno e un’altra estate, e così via cosicché ora sono ormai 60 stagioni, da 23 anni sono ora 83. Cosa feci in questi sessant’anni? Misi su una gelateria, mi sposai, arrivarono due figli, due nipotine e ora due pronipoti, da questo lato si può essere più che contenti, dall’altro non è stato così soddisfacente. Dimenticavo: ora posso festeggiare anche i 55 anni di matrimonio. Colgo l’occasione di salutare parenti e amici tutti”.
334. Storie di emigranti bellunesi. Vittorio Brustolon. Sessanta stagioni in Germania
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