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Al 1° gennaio 2021 la comunità strutturale dei connazionali residenti all’estero è costituita da 5.652.080 unità, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia. È quanto emerge dal Rapporto Italiani nel Mondo 2021, presentato il 9 novembre a Roma.
Mentre l’Italia ha perso quasi 384 mila residenti sul suo territorio (dato Istat), il RIM rileva come la presenza all’estero sia aumentata del 3% nell’ultimo anno.
La Sicilia, con oltre 798 mila iscrizioni, è la regione con la comunità più numerosa di residenti fuori dai confini nazionali. Seguono – a distanza – la Lombardia (561 mila), la Campania (quasi 531 mila), il Lazio (quasi 489 mila), il Veneto (479 mila) e la Calabria (430 mila).
Tre le grandi comunità di cittadini italiani iscritti all’AIRE: nell’ordine, quella in Argentina (884.187, il 15,6% del totale), quella in Germania (801.082, 14,2%), quella in Svizzera (639.508, 11,3%). Seguono i connazionali in Brasile (poco più di 500 mila, 8,9%), Francia (circa 444 mila, 7,9%), Regno Unito (oltre 412 mila, 7,3%) e Stati Uniti (quasi 290 mila, 5,1%).
Nonostante la pandemia globale, nel corso del 2020 le partenze sono state 109mila.
«La mobilità degli italiani – evidenzia il Rapporto – non si è arrestata, ma ha subito un ridimensionamento». Ridimensionamento che però non riguarda le nuove nascite all’estero da cittadini italiani, quanto piuttosto le vere e proprie partenze, ossia il numero dei connazionali che hanno materialmente lasciato l’Italia recandosi all’estero da gennaio a dicembre dello scorso anno. «In valore assoluto – spiega il report – si tratta di 109.528 italiani, oltre 21 mila persone in meno rispetto al 2019».
Nel generale calo delle partenze (-16,3% rispetto all’anno precedente), le diminuzioni maggiori si riscontrano per gli anziani (-27,8% nella classe di età 65-74 anni e -24,7% in quella 75-84 anni) e per i minori al di sotto dei 10 anni (-20,3%). Crescono, invece, i giovani tra i 18 e i 34 anni (42,8%). «Nell’anno della pandemia – sottolinea il Rapporto – il protagonismo dei giovani italiani in mobilità aumenta, ma il “rischio” di uno spostamento è stato volutamente evitato dai profili più fragili, anziani e bambini».
Per quanto riguarda le destinazioni delle nuove migrazioni, complessivamente sono state 180.
La maggior parte (il 78,7%) ha riguardato l’Europa, continente che conta sette delle dieci principali mete scelte da chi è espatriato.
«Tuttavia – rileva il Rapporto – l’unica nazione con saldo positivo, rispetto all’anno precedente, è il Regno Unito, con 8.358 iscrizioni in più».
«Durante l’annus horribilis della pandemia – sintetizza la Fondazione Migrantes, che cura annualmente il Rapporto – gli italiani si sono trovati costretti a dover decidere se partire o no, se affrontare o meno i rischi di un’emergenza sanitaria globale raggirando gli ostacoli imposti dai protocolli rigidi attuati dalle diverse nazioni e relative ai limiti di spostamento intra ed extra un determinato territorio. Una parte ha preferito procrastinare il progetto migratorio – e da questo deriva la riduzione del numero complessivo delle partenze – e un’altra parte ha deciso comunque di non rinviare la decisione e, quando possibile, rispettando le disposizioni limitanti gli spostamenti, ha scelto di “restare vicino” – e quindi in Europa – più che andare oltreoceano».
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