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Da sogno a realtà: è stata finalmente inaugurata la nuova tratta ferroviaria elettrica Belluno-Conegliano. A qualche settimana dall’inaugurazione tutto procede con riscontri positivi e grande entusiasmo.
Quella di venerdì 11 giugno 2021 ha rappresentato una data storica per l’intera rete ferroviaria del Veneto: è stata completata l’elettrificazione dell’intera tratta Belluno-Venezia, con l’inserimento dell’ultima corsa Belluno-Conegliano. Ora si potrà raggiungere direttamente il capoluogo in un modo più sostenibile, rapido ed economico. A tal proposito abbiamo intervistato il Presidente della Provincia di Belluno Roberto Padrin, che ci ha rilasciato delle confessioni sincere e fiduciose per questa novità su cui si è tanto investito.
Come è nata l’idea, e soprattutto la necessità, di portare una svolta nella storia dei treni nel territorio bellunese? Da quanto era attesa la realizzazione di questo progetto?
L’elettrificazione della ferrovia bellunese è un progetto nato da lontano, dal 2016, quando ci trovammo con l’allora ministro delle infrastrutture Graziano Delrio, con il deputato Roger De Menech, e con l’assessora alle infrastrutture della Regione Veneto Elisa De Berti, per affrontare il problema dei trasporti bellunesi. Sì, era proprio un problema e tutti si ricordano treni costantemente in ritardo e un servizio non all’altezza. Devo dire che il gioco di squadra nato in quell’occasione – con tutti i soggetti d’accordo e pronti a remare dalla stessa parte – ha portato i suoi frutti. Per prima cosa la Regione è riuscita a ricostruire un servizio degno di tale nome, anche se con il cambio obbligatorio a Conegliano. Poi, con risorse statali, si è arrivati all’elettrificazione e al ritorno del treno diretto Belluno-Venezia. È una svolta storica, certo, ma non può essere un punto di arrivo, bensì un primo punto di partenza su cui continuare a costruire una mobilità diversa per la nostra provincia, al servizio delle comunità.
Che tipo di vantaggi ambientali e di sviluppo offrono i nuovi treni rispetto ai precedenti?
I vantaggi ambientali li ha spiegati Trenitalia all’atto dell’inaugurazione: l’elettricità è sicuramente meno inquinante del vecchio treno diesel, che però non va demonizzato, in quanto ha consentito per anni alla ferrovia di raggiungere la nostra provincia e sta continuando a garantire il collegamento con Calalzo. Ecco, proprio su Calalzo bisogna capire se e come si potranno portare i treni elettrici. Quanto allo sviluppo, qualsiasi possibilità di collegamento della nostra provincia con il resto del Veneto e delle aree contermini rappresenta una ricchezza in più e uno strumento per togliere il Bellunese dall’isolamento.
Ora che sono ufficialmente entrati in servizio i treni elettrici, che riscontro stanno avendo? Le grandi aspettative iniziali sono state soddisfatte?
I riscontri sono ancora parziali, e lo sappiamo. Ci vorrà tempo. Soprattutto perché l’ultimo anno e mezzo, a causa della pandemia, ha creato una certa diffidenza e una disaffezione dell’utenza nei confronti del mezzo pubblico. Di tutti i mezzi pubblici, autobus, treni, aerei… Siamo fiduciosi che con il ritorno alla normalità anche i trasporti avranno un riscontro in tal senso. È compito nostro, delle istituzioni, agevolare il recupero della fiducia nel trasporto pubblico. In ogni caso, per dimostrare la validità di un tale investimento è necessario ridurre il più possibile i tempi di percorrenza. Su questo mi sono già interfacciato con Trenitalia per inserire nella programmazione oraria almeno un paio di corse veloci, con riduzione del numero delle fermate. Con il completamento dell’elettrificazione dell’anello basso, Belluno-Feltre-Montebelluna, mi auguro che ciò possa concretizzarsi.
Uno dei treni è già diventato bersaglio di atti di vandalismo, episodio che ha provocato grande delusione e rabbia, in primis al presidente Luca Zaia. Lei come si esprime a riguardo?
Quando il bene pubblico viene vandalizzato è una sconfitta di tutti. Sono convinto che serva un cambio culturale che ci porti tutti a una presa di coscienza sulla necessità di recuperare il senso di responsabilità e di comunità. Se tutti ci sentiremo parte di una comunità, avremo a cuore i beni di tutti.
Cosa si sente di dire ai giovani? Un giorno saranno loro a dover destreggiarsi con iniziative come questa per portare la provincia a un livello sempre più alto. Su che aspetti dovrà concentrarsi lo sviluppo?
Ai giovani dico che stiamo lavorando per portare in provincia occasioni importanti di studio e formazione. E dico loro che è giusto che vadano a studiare e formarsi fuori, se non trovano qui quello che cercano. Ma dico anche che devono tornare, perché le comunità locali hanno bisogno di loro e lo sviluppo del Bellunese passa anche attraverso le loro idee, le loro aspirazioni, e i loro sogni.
Ora una domanda scomoda: restando in tema “treni nel Bellunese”, si è tanto parlato del “Treno delle Dolomiti”, un alto progetto ambizioso che ci lascia con il fiato sospeso. Sono in campo quattro proposte su un ipotetico tracciato ideale, tanto che è battaglia aperta tra i comuni del Cadore e dell’Agordino. Ci può offrire qualche indiscrezione? Si è giunti, o si giungerà, a una decisione definitiva?
Abbiamo avuto un importante incontro tra i sindaci e l’assessora regionale ai trasporti Elisa De Berti. Un approfondimento sui tracciati che ha portato a individuare la soluzione Valboite come la più percorribile per il Treno delle Dolomiti, con un’appendice verso Auronzo. Nel giro di qualche settimana sarà siglato un protocollo d’intesa con la Regione e con Rfi che porterà a ulteriori approfondimenti progettuali e da qui a un anno avremo uno studio di prefattibilità. Con quei dati approfonditi potremo davvero capire se e come fare il Treno delle Dolomiti.
Greta Tommaselli
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