Libia. Rapiti due italiani. Uno è bellunese

da | 19 Set 2016

Tempo di lettura: 4 minuti

libiaDue cittadini italiani sono stati rapiti nel sud della libia. La Farnesina conferma e così il ministero degli Esteri libico. Si tratta di Danilo Calonego di Sedico (Belluno), che lavorava in Libia dal ’79, e Bruno Cacace, 56 anni, residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo).

Il primo a dare la notizia è stato Qawmani Mohammed Saleh, sindaco della cittadina di Ghat, citato dall’agenzia turca Anatolia: “Tre lavoratori, due italiani e un canadese, che lavorano per conto di una società italiana di manutenzione dell’aeroporto di Ghat, la Con.I.Cos, sono stati rapiti questa mattina”. Ghat, nella regione meridionale del Fezzan, si trova a pochi chilometri dal confine con l’Algeria. La Conicos ha condotto i lavori di manutenzione della pista dell’aeroporto della città. Finora non è arrivata alcuna rivendicazione. Secondo le prime indiscrezioni insieme a due cittadini italiani e al canadese sarebbe stato sequestrato anche l’autista.

Secondo fonti libiche “uomini mascherati che si trovavano a bordo di una vettura 4×4, hanno fermato vicino alla cava di El-Gnoun, un’auto dove si trovavano a bordo degli stranieri che stavano viaggiando verso il loro posto di lavoro vicino all’aeroporto di Ghat, prima di sequestrarli” riporta sulla sua pagina web il sito in arabo 218tv.net. Il sito riferisce del rapimento di “un italiano e un canadese, insieme al conducente della loro auto, un uomo che abita a Ghat”. Altre fonti sostengono che i rapitori avrebbero puntato un’arma verso l’autista. Non si sa se sia stato colpito.

L’azienda Conicos, dove gli operai italiani lavorano, ha sede a Mondovì in provincia di Cuneo ed è attiva da diversi anni in Libia. Nel Paese ha tre sedi: Tripoli, Bengasi e Ghat. Saleh, ha chiarito che sono state mobilitate le forze di polizia. Il ministero degli Esteri riferisce che “si sta lavorando con il massimo riserbo tenuto conto della delicatezza della situazione”. Anche il Copasir si è attivato. Gli apparati di sicurezza e di intelligence si sono attivati: “Da un primo esame – rilevano fonti qualificate – si può escludere che si sia trattato di un’azione specificamente anti-italiana”.

La Conicos di Mondovì opera in Libia da decenni. Doveva essere anche uno dei principali subappaltatori della famosa autostrada promessa dal governo italiano prima a Gheddafi, poi al governo di Tripoli. L’azienda è guidata da Giorgio Vinai, che l’ha fondata nel 1977 con Celeste Bongiovanni. Due le sedi centrali: quella di Mondovì, appunto, e quella di Tripoli, dove opera la Libyan Branch. In un’intervista al Corriere della Alpi del 2014, Danilo Calonego racconta la sua esperienza lavorativa in Libia, descrive il prima e dopo Gheddafi: “Bisogna rispettare le loro usanze. Ma del resto, non sarei rimasto tanti anni in Libia se le persone non fossero state buone”.

La regione del Fezzan è amministrata dal governo di accordo nazionale di Tripoli riconosciuto dalla comunità internazionale ma la zona non è considerata dagli apparati di sicurezza ad alto rischio. Farnesina e servizi hanno il quadro puntuale delle presenze italiane in Libia. Dopo il tragico esito del sequestro dei quattro lavoratori della Bonatti (due dei quali rimasti uccisi in circostanze ancora non chiarite a Sabratha), c’è stata un’ulteriore ‘stretta’ per evitare che civili italiani si trovino in un Paese dove infuriano ancora gli scontri tra milizie rivali e dove c’è la minaccia dell’Isis. Le aziende che lavorano in Libia (dall’Eni, alla stessa Bonatti alla Conicos) sono state quindi invitate a servirsi di personale locale per evitare rischi.

L’area di Ghat nel sud-ovest del Paese, è tuttavia considerata tra quelle non in prima linea. È abitata da tribù tuareg alleate del Governo di Tripoli sostenuto dalla Onu. Tra tribù rivali non sono comunque mancati gli scontri. E gli occidentali possono sempre diventare un obiettivo di rivendicazioni economiche e non solo. Analisti e intelligence negli scorsi mesi hanno ipotizzato che Daesh potesse costruire delle basi nel Fezzan, proprio a ridosso della frontiera, per riorganizzare le sue forze in fuga da Sirte. La zona inoltre può servire da fascia di scambio con Boko Haram. Gli 007 dell’Aise si sono messi subito al lavoro – utilizzando i contatti sul posto – per cercare di acquisire informazioni utili sull’identità  dei sequestratori.

La procura di Roma indagherà sul rapimento. L’apertura del fascicolo processuale è subordinata a una prima informativa dei Ros. Come per analoghi episodi avvenuti in Paesi interessati da conflitti anche per i due italiani rapiti si procede per sequestro di persona con finalità di terrorismo.

Repubblica.it

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