- Municipio: 18, piazza Municipio
- C.A.P.: 32044
- Prefisso: 0435
- Tel: +39 (0)435 500 257
- Fax: +39 (0)435 500380
- Abitanti: 4035
- Superficie: 66.60 km²
- Altitudine massima: 3142 m slm
- Altitudine minima: 531 m slm
- Web: http://www.pievedicadore.org
- E-mail: segr.pieve@cmcs.it
- Associato alla: Unione Montana Centro Cadore
- Area: U.M. Centro Cadore
Caratteristiche principali
Pieve di Cadore sorge a 878 m a ridosso di un promontorio collinoso poco distante dall’incrocio di Tai tra la direttrice stradale della Valle del Boite e quella in direzione di Auronzo e del Comelico. Capoluogo storico del Cadore, la sua funzione per secoli è stata legata alla Magnifica Comunità di Cadore che qui ha tuttora la sua sede.
La parrocchia risale al X secolo. L’attuale chiesa pievanale ha dignità di sede arcidiaconale del Cadore e fu costruita tra il 1761 e il 1838 quando fu consacrata, ma le sue origini sono molto antiche in quanto fu chiesa-matrice di altre chiese cadorine. La facciata è della seconda metà del secolo scorso. Custodisce tra le altre opere una Madonna con il Bambino tra i Santi Tiziano e Andrea di Tiziano Vecellio e ancora altri dipinti realizzati da Marco e Cesare Vecellio (tra l’altro di quest’ultimo è la pala della Madonna con il Bambino e i Santi Candido e Osvaldo). Chiese minori sono quella di S. Maria degli Angeli e a Sottocastello quella dedicata a S. Lorenzo e S. Antonio: iniziata nel 1613, possiede degli altari lignei e affreschi presumibilmente di quel secolo. Altra chiesa da ricordare è quella del Ss. Crocifisso di Valcalda annessa al Convento dei Padri Carmelitani Scalzi dove appunto si conserva un crocifisso rinvenuto – secondo la tradizione – da un contadino durante l’aratura del campo nella vicina Valcalda. Conserva una pala di Marco Vecellio.
A Tai l’attuale parrocchia di S. Candido fu fondata nel 1963, ma la chiesa risale al 1300 e nel corso dei secoli fu ampliata e restaurata più volte: custodisce opere di Cesare Vecellio. Nella borgata di Damos sorge la chiesetta di S. Giovanni Battista e di S. Andrea: di fattura cinquecentesca l’attuale edificio ne sostituì un altro di epoca precedente.
La chiesa di S. Bartolomeo Apostolo è la sede della parrocchia di Nebbiù. Fu eretta nel 1803 mentre la fondazione della parrocchia risale al 1955. Tra le chiese minori vi sono l’antica chiesa duecentesca di S. Bartolomeo e quella dedicata a S. Dionisio sull’omonimo monte: di origine cinquecentesca fu rifatta all’inizio di questo secolo.
Pozzale invece ha la chiesa di S. Tommaso Apostolo rifabbricata a metà del secolo scorso e sede della parrocchia fondata nel 1944. Il paese infatti subì diversi incendi: nel 1509 ad opera delle truppe tedesche, ma ancora nel 1754 e nel 1871. La chiesa di Pozzale conserva un trittico del Carpaccio. Chiesetta minore, pur di proprietà privata, è quella intestata a S. Antonio da Padova.
Il capoluogo è caratterizzato dalla presenza di alcune opere monumentali: il monumento a Tiziano Vecellio; il monumento a Pietro Fortunato Calvi, patriota ed eroe nei combattimenti per l’indipendenza contro gli Austriaci nel 1848 in Cadore e in quelli di Venezia del 1849; ma indubbiamente il patrimonio architettonico e culturale trova la sua opera più importante nel palazzo della Magnifica Comunità. La sua costruzione durò per qualche decennio tra il 1447 e il 1477, la torre tuttavia risale al 1491. Subì un incendio distruttivo durante le guerre di Cambrai, ma successivamente venne rifabbricato. Di particolare pregio all’interno la Sala della Comunità, ove si tengono le riunioni della Magnifica e le principali manifestazioni culturali del Cadore. Qui sono raccolti busti e trofei dei cadorini illustri e diverse opere d’arte. Si nota inoltre lo stemma del Cadore con la scritta Justitia et fide conservabitur. Nel palazzo inoltre ha sede il Museo Archeologico Cadorino, da poco inaugurato, con reperti di epoca romana e pre-romana rinvenuti in varie località e tra i quali quelli di Lagole e Valle.
Poco distante dalla piazza principale c’è la casa natale di Tiziano Vecellio con il Museo Tizianesco. Pieve, da alcuni anni è dotata del Museo dell’Occhiale, quale testimonianza di un’attività che qui ha trovato i natali e poi si è espansa non solo in Cadore, ma in tutta la provincia di Belluno e nel mondo: aperto nel 1990, costituisce un unicum su scala mondiale ed esibisce reperti e tipologie di occhiali dal ‘500 fino a questo secolo. Pieve è riconosciuto inoltre quale “paese natale” di Babbo Natale.
Il capoluogo cadorino mette a frutto una vocazione composita che si affida al terziario, essendo un affermato centro di servizi e commerciale, ma anche alle attività industriali e artigianali in diversi campi con particolare riferimento al settore dell’occhialeria.
Il turismo conta da sempre su una solida tradizione e su buone attrezzature e impianti sportivi, sia per l’estate che per la stagione invernale, accompagnati da alberghi, ristoranti, rifugi ed altre strutture per l’ospitalità. Interesse storico riveste il Caffè Tiziano che si affaccia sulla piazza principale. Inoltre Pieve gode di un centro ospedaliero di rilievo nell’ambito dell’Unità Locale Socio-sanitaria n. 1: presso l’ospedale ha tra l’altro sede il Suem (Servizio urgenza ed emergenza medica) che presiede anche al trasporto elicotteristico.
Il “genius loci” – Tiziano a Pieve di Cadore
La tradizione vuole che il giovinetto – forse a nove anni – Tiziano (1484? – 1576) dipingesse sul muro interno della sua casa una Madonna in trono con bambino, utilizzando colori ricavati da erbe e da terre che lui stesso preparava.
Straordinaria la sua avventura umana: carica di colori, di gloria, di onori, di presenze imperiali, di invidie, di amarezze e, fors’anche, di lontane reminiscenze di sfumata cadorinità, che gli occhi della memoria, quasi lampi di luce imprendibile, riflettevano nelle sue opere.
Tiziano, di rado, infatti, ritornava nella terra d’origine, ma da questa ricavò la parsimonia, la maestosità dei paesaggi, la solarità dei gialli, l’intensità dei rossi al tramonto, la varietà stagionale del verde, la profondità d’azzurro dei cieli, il bianco delle nevi. E li mescolò, li sovrappose in trasparenze, li depose per dar vita ad opere d’arte immortali.
Dipinse per decenni, prigioniero della genialità, sino a creare con precoce impressionismo scene di grande drammaticità, conservate nei musei di tutto il mondo.
E ormai vecchio e canuto, circondato dai lamenti degli appestati e dallo stridere del carro dei monatti, con il pennello intriso del giallo rubato al sole della terra natale, colorì reverente il corpo del Figlio morto fra le braccia della madre e la nostalgia lo rapì per sempre.