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Elena Collazuol nacque a Torino il 18 maggio 1934 da genitori bellunesi trapiantati in Piemonte in cerca di lavoro. La famiglia si allargò nel 1941 con l’arrivo di un secondo figlio, Mario. Solo tre anni più tardi, però, venne a mancare il papà Marcellino, ammalatosi improvvisamente. Marcellino lavorava alla “Viberti” e fu Matilde, la moglie, a subentragli come operaia, appoggiandosi al preziosissimo aiuto di sua madre Graziosa per crescere i due figli.
Elena entrò fin da giovanissima nel mondo salesiano, frequentando l’Istituto di via Cumiana, dove affiancò le suore nelle attività di animazione. Questi anni di esperienza rafforzarono la sua inclinazione verso il prossimo, spingendola ad avvicinarsi con entusiasmo al movimento dell’Azione Cattolica presso la parrocchia di Gesù Adolescente.
Anche lo studio la appassionò molto. Frequentò con serietà la scuola professionale, completandola brillantemente. Purtroppo, però, non potè proseguire, dovendo dare una mano alla famiglia, la cui economia si reggeva solo sul lavoro della mamma. Verso i 17 anni, Elena varcò la soglia della carrozzeria di Nuccio Bertone il quale, apprezzandone l’affidabilità, la serietà e l’empatia, qualche anno dopo la volle come sua segretaria, ruolo che ricoprì per ben quarantadue anni, fino alla pensione.
La vita sembrava finalmente avere preso una strada meno tortuosa, ma ecco una nuova prova per Elena. Correvano gli anni ’80. Improvvisamente, un ictus colpì la mamma, paralizzandola per quattordici lunghissimi anni. Lei se ne fece carico in prima persona, perché il fratello era all’estero per lavoro. Questo lutto segnò un’ulteriore svolta nella vita di Elena, ma lei, invece di implodere nel vuoto lasciato dalla scomparsa dell’amata mamma, colmò quest’assenza fino all’orlo, dedicandosi anima e corpo al prossimo.
Cooperò con slancio con la Società di San Vincenzo e con il Centro di Ascolto parrocchiale. Fu catechista. Ma Borgo San Paolo era troppo stretto per contenere lo smisurato amore evangelico di Elena. Il suo impeto cristiano varcò i confini di Torino e poi dell’Italia, per raggiungere missionari e associazioni benefiche in tutti gli angoli del mondo. Non si dimenticò tuttavia dei parenti lasciati nel Bellunese, dove si recava ogni estate.
Morì investita da un’auto la sera di un piovoso venerdì di gennaio. Solo allora si venne a sapere delle sue innumerevoli opere di carità. Fu un esempio di vita cristiana vissuta fino in fondo con umiltà, riserbo, discrezione e sconfinata generosità.

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