Convivenza possibile tra lupo e zootecnia di montagna: una piccola impresa agricola del Nevegal tra le dieci premiate dal Cai

da | 25 Giu 2020 | 0 commenti

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Capre in Nevegàl

C’è anche un allevatore bellunese “Sulla via della coesistenza”. Il premio nazionale del Cai (Gruppo Grandi Carnivori) che riconosce le buone pratiche attuate per mitigare il conflitto con il lupo ha individuato dieci aziende agricole di tutta Italia come esempi da seguire a livello di sostenibilità e qualità del lavoro in rapporto ai grandi predatori. Tra queste anche l’azienda agricola “Apitardi” di Luisa Poto e Jacopo Gabrieli, in Nevegal.

«Si tratta di un riconoscimento importante, che testimonia la qualità del lavoro di una giovane azienda agricola – commenta il consigliere provinciale Franco De Bon -. Ci complimentiamo con i due allevatori che hanno impiantato sul Nevegal un piccolo allevamento di capre cachemire. Questo genere di attività sono fondamentali per la cura del paesaggio e la manutenzione del territorio e la Provincia, nei limiti delle sue competenze, cerca di agevolare l’agricoltura e la zootecnica di montagna. Anche in relazione alla presenza della fauna selvatica, che rappresenta un patrimonio per la biodiversità, e talvolta costituisce un problema di convivenza con le attività antropiche».

Un problema che non è stato tale per l’azienda “Apitardi”, nata nel 2017 in località Col Canil-Begher (sul Nevegal). Luisa Poto e Jacopo Gabrieli hanno recintato circa 4.000 metri quadrati con apposite reti elettrificate anti-lupo. La decina di capre all’interno non ha mai avuto visite da parte del grande predatore, nonostante le fototrappole piazzate dai due allevatori attorno all’azienda mostrino una presenza costante del lupo.

«C’è una via mediana tra l’essere assolutamente pro lupo e l’essere assolutamente contro il lupo – spiega Jacopo Gabrieli -. Noi abbiamo impiantato una micro-azienda in zona Col Canil, ma nel nostro piccolo gestiamo una decina di ettari di territorio che altrimenti sarebbero lasciati a loro stessi. Abbiamo deciso di aprire anche un b&b e devo dire che la presenza del lupo non ci ha dato problemi, perché abbiamo installato fin dall’inizio le recinzioni apposite, consapevoli della presenza del grande carnivoro». L’installazione è stata agevolata anche dai volontari del Cai, che in convenzione con la Regione Veneto nel progetto Life Wolfalps, prestano la loro manodopera agli allevatori per la posa delle reti. «Si tratta di un’azione tangibile per aiutare le aziende agricole ad avere un approccio più equilibrato nella gestione del problema lupo, ma anche per dimostrare che le attività antropiche dell’allevamento sono fondamentali per la conservazione dell’ambiente alpino e montano – spiega Enrico Ghirardi, responsabile del progetto e all’interno della giuria del premio “Sulla via della coesistenza” -. Negli ultimi tre anni abbiamo collaborato nell’installazione di una sessantina di recinti».

Il premio vinto dall’azienda “Apitardi” del Nevegal è di 500 euro; si tratta di risorse messe a disposizione dal Cai e provenienti dalla mostra e dall’opuscolo “Presenze Silenziose, ritorni e nuovi arrivi di carnivori nelle Alpi”, realizzata dal Gruppo Grandi Carnivori, che da qualche anno studia il ritorno del lupo sull’arco alpino.

«Un ritorno che ormai è assodato e stabile anche sulla montagna bellunese – conclude il consigliere provinciale De Bon -. La nostra Polizia Provinciale collabora ai monitoraggi all’interno del progetto Life Wolfalps della Regione e raccoglie le denunce di predazione. L’augurio è che si possa andare sempre più verso la convivenza tra allevamenti e lupo, con tutti gli strumenti che saranno necessari. Il lupo rappresenta l’elemento di regolazione naturale della fauna selvatica che tanti danni sta provocando alle aziende agricole della Valbelluna. Riteniamo che la soluzione ottimale, nel difficile rapporto tra attività zootecniche e lupo, passi attraverso la predisposizione di un piano nazionale di gestione, in grado di tener conto delle varie casistiche».

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