da Redazione ABM | Ott 15, 2024 | PODCAST, RADIO ABM, STORIE...
Sono l’ottavo di tredici fratelli e sorelle. Ecco i loro nomi, dal primogenito: Silvano, Armida, Vincenzo, Rita, Mario, Mara, Luciano, Loris, Nadia, Rosanna, Annalisa, Mauro e Fabio.Mio padre, Severino Doriguzzi, era camionista, trasportava tronchi e in inverno faceva il servizio neve in zona. Mia mamma, Maria, nata Pomarè, naturalmente badava alla casa e ai figli, anche con l’aiuto di parenti e conoscenti…
da Redazione ABM | Set 16, 2024 | PODCAST, STORIE...
Mia madre nacque a Belluno nel 1920. In città ancora oggi vivono tre dei miei cugini. Quando era bambina, i miei nonni materni decisero di emigrare dall’Italia a Monterey, in California, a bordo della nave “Dante Alighieri”. Mio nonno, Sabino Toscan, nel 1918 aveva prestato servizio nel 7° reggimento Alpini.
da Redazione ABM | Ago 12, 2024 | EMIGRAZIONE, PODCAST, PROVINCIA BELLUNO, STORIE...
La sua vita racconta di ostacoli superati, di coraggio per intraprendere nuove strade e di amore per il lavoro. Lui è Gianluigi Sebben, meccanico nato nel 1932 a Fonzaso. Unico figlio maschio in una famiglia con altre tre sorelle, fin da giovane ha assunto una grande responsabilità e ha vissuto da vicino la guerra quando era adolescente. Le esperienze di quel periodo lo hanno segnato restando ancora oggi indelebili…
da Redazione ABM | Feb 26, 2024 | PODCAST, STORIE...
Io e il Bonetti siamo entrati in galleria da Stabiascio poco prima di mezzanotte. Il Bonetti era venuto a chiamarmi dicendo che avevano telefonato da Locarno per dire che in tre non erano usciti da Robiei. Il Bonetti mi ha anche detto che gli era stato chiesto se avevamo delle maschere antigas. “Come mai?”, gli ho chiesto, ma non mi ha saputo rispondere. Insomma siamo entrati…
da Redazione ABM | Gen 6, 2023 | EMIGRAZIONE, STORIE...
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Non ho un ricordo visivo della mia nonna paterna Maria, ma ho un forte ricordo di lei racchiuso nel mio cuore. Non l’ho mai vista di persona, ma di lei ho sentito molto parlare, sempre sottovoce, il che me la rendeva un po’ misteriosa. Forse anche per questo sentivo di volerle bene.
In occasione di una recente Festa della Donna ho ascoltato alcune testimonianze sulle donne bellunesi, specie quelle così coraggiose che nel secolo scorso lasciavano i propri cari – marito e figli, anche neonati – per “mettersi a balia” presso famiglie facoltose. Potevano in questo modo contribuire economicamente al mantenimento della famiglia, oppure pagare un debito. Così ho ricordato la sua storia. Mia nonna Maria era una di queste donne coraggiose.
Nonno Francesco faceva il carpentiere e lavorava a Primolano per gli Austriaci. Aveva comprato un piccolo maso per sistemare i due figli più grandi. Forse aveva fatto un debito che non riusciva a pagare. Nonna Maria aveva da poco partorito due gemelli maschi, il parto ero stato un po’ faticoso, ma lei, giovane, si era ripresa bene e i piccoli godevano di buona salute.
Furono sistemati presso una vicina che a sua volta aveva da poco partorito perché la nonna aveva deciso di partire per Milano. Avrebbe fatto la balia presso un famiglia benestante, convinta di ritornare appena si fosse concluso lo svezzamento. Ma passato più di un anno, la signora presso cui lavorava si trovò in attesa di un altro bimbo e mia nonna dovette prolungare la sua permanenza senza poter tornare a casa, neppure per una breve visita.
Qui la storia si tinge di mistero. Si sa che anche mio nonno partì per Milano, ci fu una grande lite e Maria non tornò più in famiglia. I figli, ormai svezzati, venivano accuditi da una zia nubile, tuttavia lei contribuì al loro mantenimento per lungo tempo.
Questa difficile situazione incise molto sulla vita famigliare, tanto che i gemelli non perdonarono mai alla madre l’abbandono e, nonostante lei avesse più volte offerto di raggiungerla a Milano, crebbero con un forte senso di disagio e un vivo rancore nei suoi confronti.
Quando nel 1940 vennero mandati al fronte, prima di partire i gemelli (uno di loro era mio padre) decisero di incontrare nonna Maria, ma non fu un incontro sereno. Entrambi ne rimasero delusi e non riuscirono a riconoscerla come madre.
Dopo sei anni mio padre ritornò dalla guerra. Eravamo tutti contenti, anche il nonno. Però mancava la nonna. Io avevo sette anni e volevo conoscerla. Decisi allora di scriverle la mia prima lettera, con cui la invitavo a conoscere i nipoti ormai numerosi. La risposta arrivò poco tempo dopo. A scriverla non era lei, ma una conoscente. Seppi così che nonna era molto ammalata (era diabetica) e che attendeva con ansia una nostra visita.
Mi attivai subito per convincere papà e dopo molte insistenze lui cedette e mi promise che saremmo andati io e lui a trovarla. Purtroppo nel frattempo giunse la notizia della sua morte. Fu grande il dispiacere e il dolore che anche mio padre e mio zio provarono, consapevoli di aver perso un’opportunità di riconciliazione con la donna che con la sua assenza aveva cambiato la vita di tutta la famiglia.
A mio papà rimase la consolazione di dare il nome Mario al figlio nato poco dopo, a ricordo di una madre avuta e persa con il rimpianto di non ricordare una sua carezza.
Fulvia Corso