Italia in calo demografico: il Veneto tiene, ma Belluno lotta contro lo spopolamento

Il Censimento della popolazione 2023 ha confermato un calo lieve ma significativo della popolazione italiana, scesa a 58.971.230 abitanti al 31 dicembre 2023, con una riduzione di 25.971 unità rispetto all’anno precedente (-0,4 per mille). Questo trend riflette una dinamica demografica complessa, caratterizzata da un saldo naturale negativo (-4,9 per mille, con 379.890 nati e 671.065 decessi) e un saldo migratorio positivo (+4,8 per mille). Le disparità territoriali sono marcate: il Sud (-3,7 per mille) e le Isole (-3,8 per mille) perdono residenti, mentre il Nord-ovest (+2,3 per mille) e il Nord-est (+2,0 per mille) registrano incrementi.

Gli stranieri, in crescita del 2,2% rispetto al 2022, rappresentano 5.253.658 abitanti, pari all’8,9% della popolazione totale. La loro presenza risulta determinante per contenere il calo demografico, con un saldo migratorio estero positivo (+333.991) e un saldo naturale ancora in crescita (+40.704), nonostante la flessione rispetto agli anni precedenti. L’Italia, tuttavia, continua a invecchiare, con un’età media salita a 46,6 anni e un rapporto di vecchiaia di 200 anziani ogni 100 giovani (era 193 nel 2022).

Il Veneto: una regione in crescita moderata
Nel panorama nazionale, il Veneto si distingue per una leggera crescita demografica. La popolazione residente al 31 dicembre 2023 è di 4.852.216 abitanti, con un incremento di 2.663 unità (+0,5 per mille) rispetto all’anno precedente. Questo risultato riflette l’andamento positivo delle province del Nord-est, sostenuto principalmente dalla presenza di stranieri. I cittadini stranieri nel Veneto sono 501.161, in aumento rispetto al 2022 (+3.034 unità), e rappresentano l’11% della popolazione regionale, un dato superiore alla media nazionale dell’8,9%.

Nonostante questa crescita, il Veneto mostra segnali di invecchiamento: l’età media è di 46,2 anni, in linea con la media nazionale. La natalità è bassa, con un numero medio di figli per donna pari a 1,24. Nel 2023, nella regione si sono registrati 74.472 nati vivi e 126.668 decessi, determinando un saldo naturale negativo (-52.196 unità). A compensare questa perdita contribuisce un saldo migratorio positivo (+54.838), dovuto in larga parte agli ingressi dall’estero.

A livello provinciale, Verona e Padova trainano la crescita demografica regionale, mentre le aree montane e rurali, come Belluno, mostrano trend più critici.

La provincia di Belluno: una realtà fragile
La provincia di Belluno riflette le sfide demografiche delle aree montane italiane. Nel 2023, la popolazione della provincia ha continuato a diminuire, con molti comuni, soprattutto quelli piccoli, che registrano cali significativi. Questa dinamica è accentuata da un saldo naturale fortemente negativo, dovuto all’elevato numero di decessi rispetto alle nascite.

Belluno è tra le province venete con l’età media più alta, sintomo di un marcato invecchiamento della popolazione. Questo si traduce in una crescente pressione sui servizi socio-sanitari locali e in un progressivo spopolamento delle aree interne. La provincia risulta poco attrattiva per i giovani e le famiglie, fattore che contribuisce al calo della natalità.

Gli stranieri rappresentano una componente in crescita, ma con numeri inferiori rispetto ad altre province venete. La loro presenza è essenziale per mantenere vitali le attività economiche, soprattutto in settori come l’agricoltura e il turismo. Tuttavia, il contributo degli stranieri non è ancora sufficiente a invertire il trend negativo.

Conclusioni
Il Censimento 2023 evidenzia un’Italia con un andamento demografico a due velocità. Mentre il Nord, inclusa la regione Veneto, registra segnali di crescita grazie alla componente migratoria, le aree interne e montane, come Belluno, continuano a perdere residenti. Per affrontare le sfide dell’invecchiamento e dello spopolamento, sono necessari interventi mirati per promuovere politiche di natalità, sostenere le giovani famiglie e rendere più attrattivi i territori meno popolati.

I dati del Veneto e di Belluno mettono in luce l’urgenza di strategie integrate per favorire uno sviluppo sostenibile, valorizzando le risorse locali e contrastando le disparità territoriali.

Matrimoni in calo in Italia: il quadro nel Veneto e nella provincia di Belluno

Il 2023 conferma una tendenza ormai consolidata in Italia: il numero di matrimoni è in diminuzione, accompagnato da un calo anche di separazioni e divorzi. Secondo i dati diffusi dall’Istat, lo scorso anno sono stati celebrati 184.207 matrimoni, il 2,6% in meno rispetto al 2022. La contrazione è più evidente al Sud (-5,8%) rispetto al Nord (-0,3%), dove i dati risultano più stabili. Si registra inoltre un ulteriore calo nei primi otto mesi del 2024, pari al 6,7%.

Un aspetto rilevante è l’aumento del peso dei matrimoni civili, che rappresentano ormai il 58,9% del totale. La tendenza è particolarmente marcata nelle seconde nozze, dove il rito civile raggiunge il 95%, e nei matrimoni con almeno uno sposo straniero (91,2%). Anche l’età media degli sposi continua a salire: 34,7 anni per gli uomini e 32,7 per le donne al primo matrimonio.

La situazione nel Veneto

Il Veneto si allinea a molte delle dinamiche nazionali, con una diminuzione generale delle celebrazioni nuziali e una crescita delle unioni civili, che nel 2023 hanno segnato un aumento del 7,3% a livello nazionale. Nella regione, il matrimonio civile è sempre più diffuso, soprattutto nelle grandi città come Venezia e Verona, dove incide anche il fenomeno del “turismo matrimoniale”. In particolare, molte coppie straniere scelgono il Veneto per il fascino delle sue location, come Venezia o le colline del Prosecco.

Inoltre, la regione evidenzia un ricorso crescente alle separazioni e ai divorzi consensuali tramite procedimenti extragiudiziali. Questa tendenza è particolarmente marcata nelle province del Nord-Est, dove quasi un terzo dei divorzi avviene presso gli uffici di stato civile, una soluzione più veloce e meno onerosa.

Focus sulla provincia di Belluno

Nel contesto del Veneto, la provincia di Belluno si distingue per alcune peculiarità. La diminuzione dei matrimoni qui è in linea con la media regionale, ma il fenomeno assume una dimensione più marcata nelle aree montane, dove l’invecchiamento della popolazione e la ridotta densità demografica contribuiscono al calo delle celebrazioni.

Interessante è anche il dato sulle unioni civili nella provincia: mentre i numeri assoluti rimangono bassi rispetto ai grandi centri urbani, la loro incidenza sulla popolazione totale è in crescita, segnalando un cambiamento culturale anche nelle aree più tradizionali.

In termini di divorzi, Belluno segue la tendenza regionale con una prevalenza di procedimenti consensuali. Tuttavia, l’accesso più limitato ai servizi legali e amministrativi in alcune aree montane rende i tempi di finalizzazione delle separazioni leggermente più lunghi rispetto alle città principali del Veneto.

Conclusione

I dati del 2023 riflettono un’Italia in cui le dinamiche familiari stanno cambiando profondamente, influenzate da fattori economici, culturali e demografici. Il Veneto e la provincia di Belluno, pur inserendosi in questo contesto generale, mostrano tratti distintivi che meritano un’attenzione specifica. La diminuzione dei matrimoni e l’aumento delle unioni civili e delle separazioni consensuali indicano una società in evoluzione, dove i modelli tradizionali di famiglia lasciano sempre più spazio a nuove forme di convivenza e unioni.

Divari occupazionali e salariali in Veneto: una realtà complessa

L’analisi delle posizioni lavorative dipendenti nel settore privato extra-agricolo, condotta dall’ISTAT, evidenzia forti divari territoriali. Nel 2021, l’Italia ha registrato 15,4 milioni di dipendenti nel settore privato, di cui il 24,4% nel Nord-Est, pari a circa 3,76 milioni di lavoratori. Le posizioni lavorative in Veneto mostrano una distribuzione predominante nei settori manifatturiero, turistico e dei servizi. In particolare, la provincia di Belluno si caratterizza per un’economia legata al turismo alpino e alla piccola e media impresa artigianale.

Stipendi e tipologie di lavoro in Veneto

Secondo i dati ISTAT, la retribuzione oraria mediana nel Nord-Est nel 2021 è stata pari a 12,10 euro/ora, superiore alla media nazionale di 11,69 euro/ora. Tuttavia, in Veneto, e in particolare a Belluno, il settore turistico contribuisce a una quota significativa di lavori classificati come low pay jobs, ovvero con stipendi inferiori ai due terzi della mediana nazionale (circa 7,79 euro/ora).

Per esempio:

  • Addetti nel settore turistico e alberghiero: mediamente 8-10 euro/ora.
  • Operai del settore manifatturiero: retribuzioni più alte, tra 12 e 15 euro/ora, con punte nelle aziende ad alta specializzazione.
  • Professionisti tecnici e artigiani qualificati: possono superare i 16 euro/ora, in particolare nel settore occhialeria, rilevante a Belluno.

Nonostante ciò, esistono “high pay jobs” (posti di lavoro ad alta retribuzione), specialmente nelle imprese manifatturiere di nicchia che operano nella produzione di occhiali e componenti meccaniche, con retribuzioni superiori a 17,54 euro/ora.

Contratti: stabilità e flessibilità

Il Nord-Est registra un’alta incidenza di contratti stabili: nel 2021, il 35,7% delle posizioni lavorative era a tempo pieno e per tutto l’anno (full time full year – FTFY). Tuttavia, a Belluno, come in altre aree montane, la quota di contratti a tempo determinato è più alta rispetto alla media regionale, con una concentrazione nei mesi estivi, legata alla stagionalità del turismo.

In Veneto, circa il 40% delle posizioni lavorative nel 2021 erano part-time o a tempo determinato, con una percentuale più alta nelle donne e nei giovani. Il fenomeno è più accentuato a Belluno, dove il settore dei servizi e il turismo rappresentano una parte significativa dell’economia locale.

Mobilità lavorativa e differenze territoriali

Il Veneto, come altre regioni del Nord-Est, attira un numero significativo di lavoratori da altre regioni italiane, soprattutto dal Sud. Secondo i dati ISTAT, il 9% delle posizioni lavorative del Centro-Nord è occupato da lavoratori nati nel Mezzogiorno, in particolare giovani laureati in cerca di migliori opportunità. Tuttavia, Belluno si distingue per una minore capacità attrattiva rispetto ad altre province venete, a causa delle difficoltà logistiche e della ridotta offerta lavorativa nei settori innovativi.

Giovani e donne: opportunità e barriere

Le posizioni occupate da giovani under 35 rappresentano il 34,4% nel Centro-Nord e il 35,2% nel Mezzogiorno, ma con condizioni molto diverse. In Veneto, i giovani lavoratori beneficiano di retribuzioni superiori alla media nazionale, ma spesso con contratti precari o stagionali. A Belluno, la presenza di giovani è significativa nel settore turistico, ma l’accesso a posizioni stabili è più difficile.

Per quanto riguarda le donne, esse rappresentano il 41,8% delle posizioni lavorative nel Centro-Nord, ma solo il 35,6% nel Mezzogiorno. In Veneto, le lavoratrici si concentrano nei servizi e nel commercio, con retribuzioni orarie che spesso non superano gli 8-10 euro/ora per i lavori part-time.

Conclusioni: verso un futuro lavorativo più inclusivo

Il Veneto, con la sua economia dinamica, mostra segnali positivi in termini di occupazione e reddito rispetto ad altre regioni italiane. Tuttavia, permangono sfide legate alla riduzione delle disuguaglianze territoriali e alla qualità dei contratti, soprattutto nelle aree periferiche come Belluno. Per superare queste criticità, sono necessari investimenti mirati in infrastrutture, formazione e innovazione, capaci di garantire un futuro lavorativo più inclusivo e competitivo.

Fonte dati: ISTAT, registro RACLI (Rapporto Annuale sulle Condizioni Lavorative e le Retribuzioni), 2021.

Bellunese – Violenze su donne, 160 casi. La rassegna di giovedì 14 novembre 2024

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