“Gemellaggi e Patti di amicizia in provincia di Belluno”. La mostra in Alpago dal 2 febbraio al 2 marzo

Dal 2 febbraio al 2 marzo, Puos d’Alpago ospiterà una mostra dedicata ai “Gemellaggi e Patti di amicizia in provincia di Belluno”, un’esposizione che ripercorre le relazioni istituzionali e culturali intrecciate tra città bellunesi e altre comunità nel mondo.

La mostra presenta una ricca raccolta di materiale fotografico, documenti storici e testi esplicativi, che raccontano le iniziative realizzate nel tempo, le ragioni alla base di questi accordi e la loro evoluzione storica.

I materiali esposti, raccolti presso i Comuni della provincia di Belluno, offrono uno spaccato unico e significativo di questa importante rete di legami internazionali.

L’allestimento è corredato da un catalogo di approfondimento, curato e pubblicato da Bellunesi nel mondo Edizioni, che fornisce ulteriori dettagli sulle tematiche trattate.

L’evento è organizzato grazie alla collaborazione tra l’Associazione Bellunesi nel Mondo, il Comune di Alpago e la Famiglia Ex Emigranti dell’Alpago.

La mostra sarà allestita al Municipio di Puos (in piazza Papa Luciani, 7) e sarà visitabile nei seguenti orari: da lunedì al sabato dalle 9:00 alle 11:30; il lunedì, martedì e giovedì dalle 15: 00 alle 17:00.

Per ulteriori dettagli, clicca QUI per visualizzare la locandina.

“I neri fantasmi di Marcinelle”. Il 2 febbraio in Alpago, appuntamento con l’emigrazione in Belgio

Una storia di speranze, sacrifici e tragedie. È la storia dell’emigrazione bellunese verso il Belgio. A ricostruirla lo storico Egidio Pasuch, nel libro “I neri fantasmi di Marcinelle”, che sarà presentato domenica 2 febbraio 2025 alle 17:30 al Municipio di Puos d’Alpago (Via Papa Luciani 7).

L’opera ripercorre oltre un secolo di emigrazione, mettendo in luce le difficoltà, le aspirazioni e i drammi vissuti da migliaia di bellunesi.

Il Belgio, soprannominato un tempo il “Paese Nero” per le sue miniere di carbone, rappresentò una terra promessa per molti lavoratori italiani. Tuttavia, questo sogno di riscatto si trasformò spesso in un incubo, come dimostra la tragedia di Marcinelle: l’8 agosto 1956, un incendio nella miniera di Bois du Cazier provocò la morte di 262 minatori, tra cui 136 italiani.

Tra le vittime, il nome di Dino Della Vecchia, originario di Sedico, è ancora oggi simbolo del sacrificio e del dolore di un’intera comunità.

Nel libro, Pasuch esamina anche il ruolo della stampa locale, che inizialmente sostenne con entusiasmo l’emigrazione verso una realtà percepita come vicina per cultura e religione. Con il tempo, però, l’entusiasmo si spense, soprattutto di fronte alle prime vittime e all’aprirsi di nuove possibilità migratorie. Questi cambiamenti segnarono una riduzione progressiva dei flussi verso il Belgio.

Grazie a un’attenta ricerca e a toccanti testimonianze, l’autore restituisce un ritratto vivido e struggente di una delle pagine più significative e dolorose della storia sociale bellunese.

Evento a ingresso libero.

Clicca QUI per consultare la locandina.

I Belumat International raccontati da Giorgio Fornasier. Appuntamento a Sospirolo

Venerdì  17 gennaio 2025, per la Giornata nazionale del Dialetto e delle lingue vocali promossa dalle Pro loco d’Italia,  al Centro civico di Sospirolo, con inizio alle ore 20.45, sarà presentato al pubblico il film documentario biografico “I Belumat International raccontati da Giorgio Fornasier”. La serata è dedicata a Gianluigi Secco, più volte collaboratore della Pro Loco e presidente di giuria del Concorso letterario “Sospirolo tra leggende e misteri”.

Il documentario è stato prodotto dal Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova, insieme all’Isbrec.

La Pro Loco Monti del Sole con la collaborazione del Comune di Sospirolo patrocina questa operazione culturale offrendo la serata al pubblico con entrata libera fino ad esaurimento dei posti a sedere (non è prevista prenotazione). Partecipa all’organizzazione anche l’Associazione Bellunesi nel Mondo.

Il documentario verrà presentato dal prof. Mirco Melanco. Al termine della visione, ci sarà l’intervento degli studenti che lo hanno realizzato e un dibattito con Giorgio Fornasier, alcuni amici dei Belumat e i rappresentanti di istituzioni ed enti che organizzano l’evento.

Il documentario
Sei studenti del Dams frequentanti il Laboratorio per la realizzazione di documentari hanno realizzato, in circa un anno e mezzo di lavoro complessivo, questo filmato frutto di una lunga ricerca che lega il duo musicale bellunese all’identità veneta in Patria e nel Mondo. Il tema centrale su cui si sviluppa la trama del film è la grandissima popolarità che i BELUMAT hanno in tante nazioni dove sono emigrati i veneti nel corso degli ultimi due secoli.

Il tema dell’emigrazione e del successo raggiunto dai Belumat anche all’estero, in quasi quattro decenni di attività, caratterizza la trama su cui si sviluppa questo film. Questa produzione ha molto coinvolto gli studenti che l’hanno realizzata, con lo scopo di mantenere in futuro memoria di tanta capacità artistica nel trasmettere la cultura e l’identità veneta al mondo intero.

Essendo, qualche hanno fa, scomparso Gianluigi (Gianni) Secco, autore dei testi delle canzoni, è toccato a Giorgio Fornasier, tenore e chitarrista, narrare la loro storia iniziata nel 1958. Il racconto spiega come I Belumat siano stati capaci di originare uno stile musicale e un linguaggio dialettale unico che è stato compreso e amato laddove si parla ‘talian, in Paesi come Argentina, Brasile, Messico, Canada, Arabia Saudita, per citarne alcuni di cui si parla nel filmato.

Il Laboratorio per la realizzazione di documentari del Dams dell’Università di Padova esiste fin dal 1991 e sono circa 1400 gli studenti che lo hanno frequentato, di cui circa 400 sono diventati professionisti nel mondo degli audiovisivi. Il responsabile scientifico del laboratorio è il Prof. Mirco Melanco.

In 33 anni di attività sono stati realizzati circa 300 tra documentari, videosaggi e videotesi. Gli studenti hanno potuto apprendere il mestiere del filmmaker in ogni sua fase (dal soggetto alla sceneggiatura, dal montaggio alla post produzione).

Numerosi sono stati i premi ricevuti ed elogi da parte di due Presidenti della Repubblica italiana come nel caso del filmato “Annarosa non muore. La Resistenza sulle Prealpi Bellunesi/Trevigiane 1943-1945)” con elogio scritto di Luigi Oscar Scalfaro o della “Montagna Infranta. La tragedia del Vajont nel cinquantennale (1963-2013)” con Medaglia di Rappresentanza per la prima visione da parte del Presidente Giorgio Napolitano. Questi due filmati sono visibili nel portale Youtube dell’Isbrec.

Scheda tecnica
I BELUMAT INTERNATIONAL RACCONTATI DA GIORGIO FORNASIER
Produzione: Dipartimento dei Beni Culturali Università di Padova – “Laboratorio per la realizzazione di documentari” DAMS – Responsabile Scientifico Prof. Mirco Melanco e Supporto tecnico e Coordinamento Laboratoriale Dott. Vanni Cremasco, Anno Accademico 2022/2023; Istituto storico bellunese della Resistenza e dell’età contemporanea (Isbrec).
Soggetto e Produzione: Mirco Melanco
Ricerca e premontaggio: Samuele Grando, Maria Chiara Lavino, Antonio Minotti, Giada Tietto, Anna Pattis, Anna Ziggiotto
Regia e montaggio: Samuele Grando e Maria Chiara Lavino
Sceneggiatura: Samuele Grando, Maria Chiara Lavino, Antonio Minotti, Giada Tietto, Anna Ziggiotto
Riprese: Samuele Grando e Mirco Melanco
Aiuto regia: Antonio Minotti
Coordinamento tecnico: Vanni Cremasco e Savino Cancellara
Durata: 40 minuti circa – anno 2024

Tra Belgio e California. Storia di Delfino detto Giando

di Giuseppe Carrera

La storia siamo noi, l’incipit di una famosa canzone ci offre lo spunto per una riflessione: la Storia del nostro passato è il risultato delle tante piccole storie minori di persone comuni che, con le loro esperienze di vita, i sacrifici, la resilienza, le delusioni, i successi, i sogni, compongono il disegno finale di un paesaggio complesso e articolato.
Una di queste ci porta a Gosaldo, il 4 giugno del 1931.

È la data di nascita di Delfino Alberto Bressan che, come tanti bambini della sua età, trascorse un’esistenza semplice, segnata dalla dura realtà della vita rurale e montana, con il lavoro fisico unico mezzo per sostenere la famiglia. Crescendo, Delfino imparò presto quei valori di fatica e determinazione che lo avrebbero accompagnato per tutta la vita.

Visse gli anni della fanciullezza e della gioventù in un periodo storico difficile e controverso, caratterizzato dal ventennio fascista e dalla Seconda guerra mondiale. Nel suo percorso incrociò situazioni particolari e drammatiche e divenne testimone, diretto e indiretto, di diverse tragedie che caratterizzarono gli anni Cinquanta e Sessanta.

All’età di 26 anni, nel 1957, era già un uomo maturo e, viste le scarse opportunità di lavoro, come tanti agordini e bellunesi fu costretto a lasciare la propria terra e i propri affetti per cercare un futuro migliore all’estero, più precisamente in Belgio, nella Vallonia nota per le miniere di carbone, attratto – come tanti altri italiani – dalle promesse del famigerato “manifesto rosa”. Partì nonostante l’anno prima, l’8 agosto del 1956, duecentosessantadue minatori avessero perso la vita nel drammatico incidente al Bois du Cazier di Marcinelle.

Malgrado la consapevolezza del pericolo, la decisione era presa e per circa due anni, dal 1957 al 1959, lavorò in una miniera vicino a Liegi. Di quel periodo rimangono alcune fotografie che lo ritraggono in vari momenti di lavoro, da solo o con i colleghi. In alcune immagini lo si vede a fine turno con il viso e la tuta completamente neri per il carbone. Con un buon bagno tornava pulito, ma i suoi polmoni ogni giorno respiravano quella maledetta e insidiosa polvere che nel tempo sarebbe stata letale.

Ans, provincia di Liegi, 28 gennaio 1957. Delfino è l’ultimo a destra.

Prima e dopo il turno di lavoro.

Intanto, nel suo paese natio, più precisamente a Vallalta, nella località denominata California, si stavano creando nuove situazioni che avrebbero cambiato il suo futuro.

Nel 1957 la Società Mineraria Vallalta, del gruppo Montedison, elaborò un progetto per la rinascita del sito minerario di Vallalta: da indagini e studi sul territorio emersero importanti potenzialità del giacimento. Vennero quindi messe in campo diverse attività preliminari per iniziare le attività di ricerca e coltivazione dei giacimenti.

La vecchia mulattiera venne resa transitabile, si portò la linea elettrica a 380 V, vennero ripristinate vecchie gallerie, la O’Connor e Todros, e scavati nuovi pozzi fino alla profondità di centosessanta metri. Delfino, probabilmente informato da parenti e paesani, ne venne a conoscenza e si candidò come minatore alla Società Vallalta, che accettò la sua richiesta. Delfino fu entusiasta di poter abbandonare le miniere di carbone in un Paese senza luce e di poter tornare al suo paese di origine, nella sua verde e soleggiata vallata, vicino ai propri cari. Nelle miniere di Vallalta prestò servizio per alcuni anni tra il 1960 e il 1962.

Si recava al lavoro a piedi, scendendo da casa sua giù per la valle fino alla California dove, insieme ai suoi compagni di turno, raggiungeva la miniera. Lavorava otto ore al giorno per sei giorni la settimana, forando la roccia, caricando l’esplosivo e facendolo brillare. Il mercurio si presentava allo stato liquido e in grande quantità.

Dopo la fase di ricerca e individuazione del minerale, si procedeva su altri settori, con altri scavi. Questa attività di ricerca avrebbe poi portato, nella seconda fase, alla produzione e coltivazione vera e propria.

Si creò un buon rapporto tra dirigenti e maestranze, senza scioperi e proteste e con una bassa incidenza di infortuni, nonostante il contesto lavorativo di particolare pericolosità. Nel gennaio del 1962, però, ecco i primi segnali di ciò che avrebbe posto fine ai sogni e alle aspettative: infiltrazioni d’acqua nelle gallerie che sembravano inizialmente di poco conto si rivelarono in poco tempo fatali.

Delfino raccontò che il pomeriggio del 19 gennaio, verso le 19:00, mentre stava per ultimare una fase del suo lavoro di perforazione, lui e il suo compagno di turno improvvisamente vennero investiti da un forte getto d’acqua che allagò velocemente la galleria. A stento riuscirono a uscire e a dare l’allarme, ma nel frattempo tre colleghi erano scesi nel pozzo per il loro consueto turno di notte.

La mattina seguente, alle 7:10, l’arganista Angelo Pollazzon, dopo aver sentito il segnale di salita, mise in azione l’argano che subito si bloccò. Si sporse alla bocca del pozzo per capire la causa e rimase sconvolto da quanto vide: dal condotto, impetuosa, risaliva una colonna d’acqua. Rimase colpito e interdetto e, compresa la gravità della situazione, lanciò l’allarme. Nelle gallerie scavate in precedenza e non segnalate nelle mappe erano entrate copiose quantità d’acqua che avevano saturato gli spazi vuoti.

Con l’alta pressione creatasi, arrivò la rottura del sottile diaframma tra le vecchie coltivazioni e i nuovi avanzamenti e il conseguente allagamento dell’intera struttura. Per le maestranze in superficie furono momenti drammatici al pensiero dei tre sfortunati colleghi scesi la sera prima nel pozzo. Il giovane perito minerario Vito De Cassan, di La Valle, e i minatori Bruno Bedont, di Tiser, e Antonio Carrera, di Carrera, si trovavano lungo il pozzo a centotrenta metri di profondità, senza alcuna via di fuga.

Il loro destino era segnato. Vani i tentativi di vigili del fuoco, militari, carabinieri e maestranze per portare loro soccorso. Solo dopo dieci giorni le salme vennero recuperate con grande difficoltà, dato il continuo innalzamento del livello dell’acqua.

Il 30 gennaio 1962, nella chiesetta di California, il vescovo Gioacchino Muccin celebrò il funerale e una folla immensa si strinse intorno a parenti e amici delle tre vittime. Per l’intera comunità questa terribile sciagura rimase per molto tempo una ferita aperta. Inevitabilmente, il tragico evento rappresentò una battuta d’arresto per la società Vallalta, costretta ad abbandonare il progetto e a trovare nuovi siti minerari.

Oltre al lutto, ci fu un impatto negativo per l’economia locale e per l’occupazione. Delfino e i suoi colleghi furono costretti a cercare un altro posto di lavoro nella vallata, oppure a emigrare.

Gli anni successivi furono caratterizzati da eventi naturali drammatici che sconvolsero e misero in ginocchio la provincia di Belluno e la vallata agordina. Nell’ottobre del 1963, l’immane tragedia del Vajont. Nel 1966, l’alluvione che interessò gran parte dell’Italia. Il 4 novembre del 1966, il colpo di grazia per la comunità di Gosaldo: la California fu spazzata via dalle acque impetuose dei due torrenti alla cui confluenza si trovava il paese.

La California e le miniere di Vallalta vennero negli anni dimenticate e del vecchio insediamento rimasero solo alcuni ruderi, via via fagocitati dalla vegetazione. La comunità seppe comunque reagire e trovare nuove idee ed energie per riprogrammare il futuro.

Delfino non abbandonò mai il suo paese e la sua casa natale e, per il forte attaccamento alle proprie radici, non emigrò più, trovando impiego nella Forestale. Gli anni passati in miniera insidiarono però il suo fisico. Si ammalò di silicosi, e fu costretto per anni a respirare a fatica e con l’ausilio dell’ossigeno.

Dopo tanta sofferenza, con il conforto della moglie e dei suoi cari, Delfino, detto Giando, esalò il suo ultimo respiro l’11 febbraio del 1993, all’età di 62 anni.

Le informazioni contenute in questa storia ci sono state gentilmente fornite da Barbara Bressan, figlia di Delfino.

Italia in calo demografico: il Veneto tiene, ma Belluno lotta contro lo spopolamento

Il Censimento della popolazione 2023 ha confermato un calo lieve ma significativo della popolazione italiana, scesa a 58.971.230 abitanti al 31 dicembre 2023, con una riduzione di 25.971 unità rispetto all’anno precedente (-0,4 per mille). Questo trend riflette una dinamica demografica complessa, caratterizzata da un saldo naturale negativo (-4,9 per mille, con 379.890 nati e 671.065 decessi) e un saldo migratorio positivo (+4,8 per mille). Le disparità territoriali sono marcate: il Sud (-3,7 per mille) e le Isole (-3,8 per mille) perdono residenti, mentre il Nord-ovest (+2,3 per mille) e il Nord-est (+2,0 per mille) registrano incrementi.

Gli stranieri, in crescita del 2,2% rispetto al 2022, rappresentano 5.253.658 abitanti, pari all’8,9% della popolazione totale. La loro presenza risulta determinante per contenere il calo demografico, con un saldo migratorio estero positivo (+333.991) e un saldo naturale ancora in crescita (+40.704), nonostante la flessione rispetto agli anni precedenti. L’Italia, tuttavia, continua a invecchiare, con un’età media salita a 46,6 anni e un rapporto di vecchiaia di 200 anziani ogni 100 giovani (era 193 nel 2022).

Il Veneto: una regione in crescita moderata
Nel panorama nazionale, il Veneto si distingue per una leggera crescita demografica. La popolazione residente al 31 dicembre 2023 è di 4.852.216 abitanti, con un incremento di 2.663 unità (+0,5 per mille) rispetto all’anno precedente. Questo risultato riflette l’andamento positivo delle province del Nord-est, sostenuto principalmente dalla presenza di stranieri. I cittadini stranieri nel Veneto sono 501.161, in aumento rispetto al 2022 (+3.034 unità), e rappresentano l’11% della popolazione regionale, un dato superiore alla media nazionale dell’8,9%.

Nonostante questa crescita, il Veneto mostra segnali di invecchiamento: l’età media è di 46,2 anni, in linea con la media nazionale. La natalità è bassa, con un numero medio di figli per donna pari a 1,24. Nel 2023, nella regione si sono registrati 74.472 nati vivi e 126.668 decessi, determinando un saldo naturale negativo (-52.196 unità). A compensare questa perdita contribuisce un saldo migratorio positivo (+54.838), dovuto in larga parte agli ingressi dall’estero.

A livello provinciale, Verona e Padova trainano la crescita demografica regionale, mentre le aree montane e rurali, come Belluno, mostrano trend più critici.

La provincia di Belluno: una realtà fragile
La provincia di Belluno riflette le sfide demografiche delle aree montane italiane. Nel 2023, la popolazione della provincia ha continuato a diminuire, con molti comuni, soprattutto quelli piccoli, che registrano cali significativi. Questa dinamica è accentuata da un saldo naturale fortemente negativo, dovuto all’elevato numero di decessi rispetto alle nascite.

Belluno è tra le province venete con l’età media più alta, sintomo di un marcato invecchiamento della popolazione. Questo si traduce in una crescente pressione sui servizi socio-sanitari locali e in un progressivo spopolamento delle aree interne. La provincia risulta poco attrattiva per i giovani e le famiglie, fattore che contribuisce al calo della natalità.

Gli stranieri rappresentano una componente in crescita, ma con numeri inferiori rispetto ad altre province venete. La loro presenza è essenziale per mantenere vitali le attività economiche, soprattutto in settori come l’agricoltura e il turismo. Tuttavia, il contributo degli stranieri non è ancora sufficiente a invertire il trend negativo.

Conclusioni
Il Censimento 2023 evidenzia un’Italia con un andamento demografico a due velocità. Mentre il Nord, inclusa la regione Veneto, registra segnali di crescita grazie alla componente migratoria, le aree interne e montane, come Belluno, continuano a perdere residenti. Per affrontare le sfide dell’invecchiamento e dello spopolamento, sono necessari interventi mirati per promuovere politiche di natalità, sostenere le giovani famiglie e rendere più attrattivi i territori meno popolati.

I dati del Veneto e di Belluno mettono in luce l’urgenza di strategie integrate per favorire uno sviluppo sostenibile, valorizzando le risorse locali e contrastando le disparità territoriali.

“Raccontare l’emigrazione veneta”. Sabato 21 dicembre la premiazione dei vincitori

Verrà svelato sabato 21 dicembre il vincitore del terzo concorso letterario “Raccontare l’emigrazione veneta”, l’iniziativa organizzata dall’Associazione Bellunesi nel Mondo e dedicata a racconti inediti e originali, reali o di fantasia, in lingua italiana, aventi a tema l’emigrazione dal Veneto, storica e/o attuale.

Trentotto i partecipanti, provenienti dall’Italia e dall’estero. Tra questi, la giuria del concorso ha selezionato i dieci finalisti, che sabato conosceranno la graduatoria finale dei loro lavori, dal decimo al primo classificato.

Ai primi tre, un premio in denaro: 200 euro al terzo, 300 al secondo e 500 al primo.
La cerimonia sarà anche l’occasione per presentare il libro (Bellunesi nel mondo edizioni) con la raccolta dei racconti finalisti. Due copie del volume saranno consegnate a ciascuno degli autori giunti in finale.

L’appuntamento è alle 10.30, presso la sede dell’Associazione Bellunesi nel Mondo (in via Cavour, 3 a Belluno).

L’evento, moderato da Patrizia Burigo, vicepresidente Abm e presidente del comitato di gestione della Biblioteca delle migrazioni “Dino Buzzati”, vedrà la partecipazione di Marcella Corrà, giornalista e presidente della giuria.

A conclusione della cerimonia, Manuela Gaio leggerà alcuni brani estratti dal racconto vincitore.

Di seguito l’elenco – in ordine alfabetico – dei finalisti:

– Alice Bettolo (Belluno), con il racconto Il baule;

Viviana Biesuz (Cesiomaggiore), con il racconto I venti della mia vita;

– Emanuela Bossi (Cinisello Balsamo), con il racconto Incontri;

– Fabrizio Caberlon (Padova), con il racconto Il viaggio di Pina;

– Maria Teresa Colle (Santa Giustina), con il racconto Partenze e ritorni;

Lidia Gianna De Villa (San Pietro di Cadore), con il racconto Le stampelle di mio padre;

– Maria Gomiero (Milano), con il racconto Via dalla luna, via da qui;

– Giovanni Larese (Belluno), con il racconto L’uomo nero;

– Lorenzo Mattozzi (Rotterdam, Paesi Bassi), con il racconto El parón de casa;

– Alessandro Roldo (Frontenenx, Francia), con il racconto La foto.

Per maggiori informazioni: tel. 0437 941160 email info@bellunesinelmondo.it

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