Mantenere vivi i legami con le comunità di discendenti bellunesi presenti all’estero è fondamentale per preservare l’identità culturale e rafforzare il senso di appartenenza a una storia comune. Queste comunità, nate dall’emigrazione di tanti bellunesi in cerca di nuove opportunità, rappresentano oggi un patrimonio di memorie, tradizioni e valori condivisi. Coltivare tali rapporti non solo permette di mantenere vive le radici e tramandarle alle nuove generazioni, ma favorisce anche lo scambio di esperienze e la costruzione di relazioni internazionali basate su legami familiari e culturali profondi.
Oggi, domenica 15 settembre, nella sede dell’Associazione Bellunesi nel Mondo (Abm) in via Cavour 3 a Belluno, si è tenuta la visita di una delegazione di discendenti bellunesi provenienti da Kutina, Croazia, guidata da Marieta Di Gallo, presidente della Famiglia Bellunese di Kutina.
Ad accoglierli sono stati la vicepresidente Patrizia Burigo, insieme alle consigliere Irene Savaris, Luciana Tavi, Gioia Sacchet, al presidente della Provincia di Belluno e sindaco di Longarone, Roberto Padrin, e alla consigliera del Comune di Longarone delegata ai gemellaggi, Piera Del Vesco. Per l’Associazione Bellunesi nel Mondo era presente anche la segretaria Giulia Francescon.
Nel corso dell’incontro, Patrizia Burigo ha parlato del lavoro dell’Abm e dell’importanza degli incontri con le famiglie di discendenti bellunesi nel mondo. Roberto Padrin ha poi aggiunto alcune riflessioni sulla rilevanza dei gemellaggi tra comunità italiane e quelle all’estero, sottolineando l’importanza di mantenere vivi questi legami.
Marieta Di Gallo, oltre a fare da interprete, ha introdotto il gruppo croato e ha ricordato l’ultima visita a Belluno, avvenuta cinque anni fa. Ha spiegato come, dopo una pausa dovuta al Covid-19, le attività della Famiglia Bellunese di Kutina siano riprese già da due anni, sottolineando l’importanza di questi scambi culturali.
Irene Savaris ha raccontato con entusiasmo la sua esperienza durante l’incontro in Croazia con la Famiglia Bellunese di Kutina, definendolo un momento speciale per l’ospitalità ricevuta e per il rafforzamento dei legami tra le comunità. Anche Gioia Sacchet ha espresso il desiderio di visitare nuovamente la Famiglia di Kutina, raccontando dei suoi incontri con le Famiglie bellunesi in Sud America e dell’importanza di mantenere vivi i rapporti con i discendenti bellunesi all’estero, con i quali si condividono forti radici comuni.
Luciana Tavi ha ricordato il suo ultimo viaggio a Kutina, descrivendolo come un’esperienza straordinaria, e ha affermato che, se ci sarà un’altra opportunità, parteciperà sicuramente.
Piera Del Vesco ha espresso la sua gratitudine per l’incarico ricevuto e ha raccontato come, sin da giovane, abbia partecipato agli incontri con le comunità di bellunesi all’estero, dove si è sempre sentita a casa. Ha ribadito l’importanza di preservare la memoria delle proprie radici e di organizzare sempre più eventi per consolidare questi legami internazionali.
L’incontro si è concluso con una foto di gruppo, che ha immortalato i partecipanti in un momento di amicizia e condivisione.
Una notizia di grande rilevanza arriva in questi giorni: Stefano Moret, ingegnere di Mel, comune di Borgo Valbelluna, ha vinto il prestigioso ERC Starting Grant, uno dei riconoscimenti più ambiti e difficili da ottenere nell’ambito della ricerca. Moret, attualmente ricercatore e docente presso l’ETH di Zurigo, è uno dei tre ricercatori italiani che hanno ottenuto questo importante finanziamento da 1,5 milioni di euro, assegnato dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) con il Politecnico di Milano come istituzione ospitante.
L’ERC Starting Grant è un fondo europeo che sostiene ricercatori emergenti di grande talento, con l’obiettivo di incentivare l’eccellenza e la creatività nella ricerca di base o di frontiera. Il riconoscimento è rivolto a coloro che hanno ottenuto il titolo di dottorato da almeno due e non più di sette anni. Tra i tre progetti premiati c’è UNITES, il progetto di Moret, che si concentra sulle sfide legate alla transizione energetica.
«Sono molto contento e soddisfatto di questo riconoscimento,» ha dichiarato Moret. «L’ERC sosterrà il mio progetto nei prossimi cinque anni e mi aprirà nuove opportunità, anche per una futura carriera accademica in Italia. Questo è un passo decisivo nel mio percorso professionale e un grande stimolo per portare la mia ricerca a un livello superiore.»
Moret si è laureato con lode in Ingegneria Gestionale nel 2009 e in Ingegneria Meccanica nel 2012 presso l’Università di Padova. Nel 2017 ha conseguito un dottorato di ricerca in Sistemi Energetici presso il Politecnico Federale di Losanna (EPFL), Svizzera. I suoi interessi scientifici includono la modellazione di sistemi energetici, l’ottimizzazione stocastica e robusta, e lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale. Tra le sue esperienze professionali si annovera anche una prestigiosa fellowship presso l’Imperial College London, dove ha lavorato dal 2019 al 2022.
Oltre a una carriera accademica in rapida ascesa, Moret ha co-fondato la startup italiana J4ENERGY, impegnata nella transizione energetica industriale, che nel 2023 ha raccolto oltre un milione di euro di investimenti. Con oltre 30 articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali, Moret è oggi uno dei giovani ricercatori più promettenti nel settore energetico.
Il progetto UNITES: un approccio innovativo alla transizione energetica
Il progetto di Moret, UNITES (Uncertainty-INformed Energy Systems), ha l’obiettivo di affrontare le sfide della transizione energetica con un approccio completamente innovativo. A differenza dei metodi attuali, che tentano di prevedere il futuro basandosi su previsioni incerte e spesso inesatte, UNITES intende integrare sistematicamente l’incertezza all’interno dei modelli energetico-climatici.
«Il mio obiettivo è sviluppare politiche energetiche più affidabili e resilienti di fronte alle incertezze future», spiega Moret. Il progetto si propone di definire modelli matematici in grado di considerare diversi tipi di incertezza nella pianificazione energetica, utilizzando dati specifici per quantificarle e metodi di intelligenza artificiale per ridurre la complessità dei modelli, rendendo i risultati facilmente accessibili ai decisori politici e industriali.
In termini concreti, UNITES mira a contribuire a una transizione energetica più sicura e rapida, sia per le aziende industriali che per il settore pubblico. Il progetto si propone di migliorare la resilienza delle politiche energetiche di fronte a variabili imprevedibili come la domanda futura di energia, i prezzi dei combustibili e gli scenari climatici.
Con questo progetto, Stefano Moret si conferma uno dei protagonisti della ricerca europea nel settore energetico, aprendo la strada a soluzioni innovative per affrontare una delle più grandi sfide globali del nostro tempo: la transizione verso un futuro energetico sostenibile.
A congratularsi con Moret è anche Oscar De Bona, presidente dell’Associazione Bellunesi nel Mondo, che ha commentato: «Complimenti davvero a Stefano Moret per questo importante traguardo, ulteriore dimostrazione di quanto dobbiamo essere orgogliosi dei nostri giovani bellunesi che tanto onore portano al nostro territorio dolomitico all’estero. Gli auguro grandi soddisfazioni invitandolo a registrarsi al nostro social network dedicato ai talenti bellunesi, www.bellunoradici.net.»
Rino De Coi sarà il protagonista della nuova puntata di “Qui ABM”, la rubrica settimanale di Radio ABM – la webradio dell’Associazione Bellunesi nel Mondo – che racconta le storie dei protagonisti dell’emigrazione bellunese.
Nato a Canacede, frazione di San Tomaso Agordino, Rino, come molti della sua generazione, ha dovuto lasciare la sua terra d’origine per cercare migliori opportunità all’estero. La sua destinazione è stata la Germania, dove ha iniziato a lavorare come dipendente in una gelateria, per poi affermarsi nel settore della ristorazione. La sua carriera è stata rapida e promettente. Rientrato per un periodo in Italia, Rino ha incontrato Marzia Vallada, con cui si è sposato, e dalla loro unione è nato un figlio.
Come per molti genitori emigranti, anche per Rino e Marzia è arrivato il momento di porsi una domanda cruciale: «Rimaniamo all’estero o torniamo in Italia per il bene di nostro figlio?». La coppia ha deciso di rientrare in Italia, stabilendosi in provincia di Bologna, dove Rino ha dovuto reinventarsi e ripartire da zero nel mondo del lavoro.
Nonostante le sfide, l’amore di Rino per Canacede è rimasto immutato: «È il posto più bello del mondo», afferma con orgoglio.
L’intervista completa andrà in onda domenica 15 settembre alle ore 5.00 e alle 15.30 (ora locale italiana) in streaming su Radio ABM (www.bellunesinelmondo.it/radio-abm). Un’occasione per ascoltare la storia di un uomo che, come tanti emigranti bellunesi, ha affrontato sacrifici e scelte difficili, senza mai dimenticare le proprie radici.
Nella foto, da sinistra, il nostro presodente Oscar De Bona, la moglie di Rino, Marzia Vallada e Rino.
Sabato 21 settembre 2024, alle ore 17.00, nella Sala Culturale di Soverzene, in via Gallina 5, si terrà la presentazione del libro “Il destino di Felice” di Lorenzo Panizzolo. L’evento, organizzato dalla Famiglia Emigranti ed Ex Emigranti del Longaronese, con il supporto della Famiglia Bellunese di Padova e il patrocinio del Comune di Soverzene, sarà moderato da Dino Bridda, direttore responsabile della rivista “Bellunesi nel Mondo”. Sarà presente anche l’autore. L’ingresso è libero.
Il romanzo: una storia tra le trincee e i destini spezzati
“Il destino di Felice” è un romanzo ambientato nel 1918 a Fagarè di San Biagio di Callalta, nel trevigiano, vicino al Piave, fiume che all’epoca segnava la linea di confine tra l’esercito italiano e quello austro-ungarico. Il Piave, simbolo di speranza e resistenza per i soldati italiani, viene descritto come un fiume possente che, con le sue acque, avrebbe potuto respingere gli invasori: “se serve, il Piave deve portare acqua alta e cattiva, per dar man forte a respingere gli austriaci, quando arriveranno. Il Piave mica può stare con il culo su due careghe; il Piave è tricolore!”.
I protagonisti del romanzo sono gli uomini semplici, quelli che obbediscono agli ordini, le persone umili e sconosciute alla grande Storia, ma ricche di sentimenti e segreti. Tra questi emerge don Felice, un cappellano militare nato a Voltabrusegana, alle porte di Padova, inviato al fronte con l’incarico di “riportare nei soldati la coscienza del proprio dovere”. Questo compito, gravoso e controverso, attribuisce ai soldati la responsabilità della sconfitta di Caporetto, un fardello che rivela la sua verità solo a posteriori.
L’autore: Lorenzo Panizzolo e la sua visione della guerra
Lorenzo Panizzolo esplora con delicatezza e profondità il dramma della guerra, che trasforma vite, sentimenti e ragioni. “La guerra sospende il tempo,” scrive Panizzolo, “ci porta a vivere per l’oggi e non per il futuro.” Il romanzo riflette su come il conflitto colpisca l’animo umano, costringendo a fare i conti con le proprie fragilità. Don Felice, formato dal seminario come sacerdote, si ritrova a interrogarsi sulla sua fede e la sua vocazione, messa alla prova dalla brutalità della trincea.
Panizzolo racconta: “Ho voluto far vivere il cappellano militare dentro la trincea, facendogli assistere alla battaglia del solstizio, dal 15 al 24 giugno 1918, con oltre 85.000 tra morti e feriti italiani, e ancor di più sul fronte austriaco. Mi affascinava immaginare come la vita in trincea potesse trasformare non solo la personalità, ma persino la vocazione di un sacerdote. Questo è il cuore del romanzo: esplorare come un uomo, un uomo di fede, affronti l’orrore della guerra”.
Lorenzo Panizzolo: dalla pubblica amministrazione alla scrittura
Lorenzo Panizzolo ha dedicato la sua carriera alla pubblica amministrazione, ricoprendo per oltre venticinque anni incarichi dirigenziali nel Comune di Padova, tra cui quello di comandante della polizia locale. Oggi in pensione, Panizzolo collabora con la rivista “Padova e il suo territorio” e con il blog “La specola delle idee”. È autore di post sulla storia cittadina pubblicati sulla pagina Facebook del gruppo “La Vecchia Padova”.
La presentazione del libro “Il destino di Felice” sarà un’occasione unica per incontrare l’autore e approfondire un’opera che, attraverso il racconto di un cappellano militare, offre una riflessione profonda sulla guerra e sull’animo umano.
Torna, come ogni venerdì, “Le voci dello sport”. E lo fa con la seconda parte dell’intervista a Giorgio De Bettin, famoso ex hockeista cadorino, oggi collaboratore della Nazionale italiana di hockey.
Dopo la prima parte “scolastica”, dedicata al “come diventare dei buoni atleti”, ci aspetta ora un tuffo nel passato del nostro ospite, ma non solo!
Per l’occasione abbiamo deciso di noleggiare una DeLorean abbastanza spaziosa per ospitare voi tutti. La destinazione? Non sarà solo una, ma molteplici: dagli anni con Asiago, Aosta e Cortina, fino al tanto sudato raggiungimento del posto fisso in Nazionale, passando per le Olimpiadi giocate in casa nel 2006.
Come dicevamo, non solo passato. Spazio, infatti, anche al futuro. Nel dettaglio, si parlerà di Olimpiadi del 2026, analizzando la Nazionale italiana che De Bettin conosce oramai come le sue tasche, e di sogni nel cassetto, sempre presenti, pure in una persona che ne ha sicuramente già avverati molti!
Venerdì 20 settembre, alle ore 20.45, la Sala Conferenze del Polo Culturale di Sedico, situata in via Alcide De Gasperi 20, ospiterà la proiezione del film “Non andare via”. L’evento è organizzato dall’Associazione Bellunesi nel Mondo in collaborazione con la Famiglia Ex Emigranti “Monte Pizzocco” e con il patrocinio del Comune di Sedico.
Diretto da Giorgio Cassiadoro, con soggetto e sceneggiatura di Daniela Emmi e Cinzia Cassiadoro, il film è accompagnato dalle musiche di Carlo De Battista e Maurizio Olivotto, con arrangiamenti musicali di Piero Bolzan. “Non andare via” si propone di esplorare la quotidianità degli emigranti bellunesi in Svizzera, raccontandone le storie con autenticità e senza retorica.
«Il film è nato con l’intento di calarsi nello scorrere delle vicende quotidiane – afferma Daniela Emmi – all’interno di una trama narrativa che riguarda l’emigrazione bellunese in Svizzera. Abbiamo voluto ricostruire senza infingimenti e retorica uno spaccato di vita autentica, per il quale abbiamo consultato la documentazione in possesso dell’“Associazione Bellunesi nel Mondo” e incontrato Toni Ricciardi, docente di storia delle migrazioni all’Università di Ginevra, e Paola De Martin, docente all’Università di Zurigo e cofondatrice dell’associazione “Tesoro”, nata con la finalità di rielaborare le condizioni di emarginazione e sofferenza delle famiglie di lavoratori migranti».
Le riprese del film sono iniziate nel 2021 sotto la regia di Cassiadoro, con il supporto di Mauro Dalle Feste e Sergio Fontana. I luoghi scelti per le scene includono diverse località della provincia di Belluno, come Cortina, Valmorel e Tisoi. Un centinaio di persone hanno partecipato al progetto in qualità di interpreti amatoriali, comparse e tecnici. Nel 2023, la produzione ha portato alla nascita de “La Compagnia del Piave”, un’associazione di promozione sociale (APS) presieduta da Giorgio Cassiadoro e composta da Dino Bridda, Cinzia e Jessica Cassiadoro, Mauro Dalle Feste, Daniela Emmi e Gianluca Nicolai.
Oscar De Bona, presidente dell’Associazione Bellunesi nel Mondo, ha espresso grande soddisfazione per l’iniziativa: «Siamo orgogliosi di proiettare questo importante docufilm che testimonia un pezzo della nostra storia bellunese, l’emigrazione. Invito le giovani generazioni a venire a guardare questo lavoro realizzato da Cassiadoro, un omaggio al sacrificio dei nostri emigranti per il benessere e lo sviluppo della provincia di Belluno».
L’ingresso alla proiezione è gratuito fino ad esaurimento posti, un’opportunità per il pubblico di immergersi in una narrazione che riporta alla luce le sfide e le storie dei migranti bellunesi del passato, ma che risuonano ancora oggi con grande attualità.
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