Più volte si è accennato all’importanza che il turismo riveste per il territorio bellunese. A tale proposito è particolarmente interessante la lettura di “Spiriti delle Dolomiti”, un interessantissimo volume pubblicato in collaborazione con la Fondazione Giovanni Angelini di Belluno, la fondazione Unesco Dolomiti, the British Chamber of Commerce for Italy e il The Griffith Institute, Università di Oxford. Il libro, scritto dai fratelli Alan e Susan Boyle, riporta e ripercorre le narrazioni della scrittrice inglese Amelia Edwards che nel 1872 con l’amica Lucy Renshaw visitò le Dolomiti della nostra Provincia. A distanza di un secolo i fratelli Boyle, con pazienza da investigatori, rifanno il viaggio di Amelia ricercando i posti da lei visitati e i discendenti delle persone che le due signore conobbero nel corso del loro viaggio. Le note del diario di Amelia unite ai suoi puntuali schizzi sono un’efficacissima testimonianza del turismo di fine ‘800 e un utile termine di paragone per comprendere quanti progressi sono stati fatti in questo campo. Il viaggio delle due ardimentose signore parte da Venezia e ha come prima tappa Longarone; ma sentiamo il racconto dalla voce di Amelia: “Il villaggio è vasto e sparso sul pendio con una vistosa Chiesa rinascimentale e pochi negozi piuttosto modesti. Nella grossa, squallida locanda con le scale e i pavimenti di pietra, fummo accolte dall’arcigno proprietario e da una cameriera scalza e spaventata che sembrava essere stata appena catturata, come una selvaggia, in mezzo alle montagne. Le camere da letto assomigliavano a dei tuguri, senza tappeti sul pavimento o tende alle finestre. Il cibo si rivelò insipido e cucinato senza cura; il vino era il peggiore che avessimo bevuto in Italia. La camera da letto in cui alloggiai quella notte, misurava trentacinque piedi (11 metri) in lunghezza e venticinque (8 metri) in larghezza, illuminata da cinque finestre che guardavano alcune sulla strada, una sul cortile e una sulle stalle. Quattro porte conducevano ad una successione di camere vuote e ad ogni sorta di intricati passaggi. Questa stanza, che avrebbe dovuto accogliere il riposo, era risonante di echi, la più allucinante e invitante al suicidio che io abbia mai occupato in tutta la mia vita!”
Non proprio un bell’inizio del viaggio per queste signore inglesi, ma nei prossimi numeri ci sarà spazio per altre impressioni che si spera migliori. La mattina dopo, il viaggio della carrozza a cavalli proseguì per Castellavazzo, Perarolo, Tai di Cadore, Vodo, Borca e San Vito, sotto l’imponenza dei monti Antelao e Pelmo che le nostre alpiniste definiscono dalle forme fantastiche e dallo strano colore. Cortina è vicina, arrivederci alle prossime puntate del viaggio!
Paolo Doglioni
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