DAI SAPPADINI UN AIUTO DETERMINANTE ALLA SCIENZA MEDICA NELLA LOTTA CONTRO IL CANCRO

da | 3 Dic 2013

Tempo di lettura: 6 minuti

sappadaL’antico e incantevole borgo di Sappada (1217 m) adagiato a mezza strada tra il Cadore e la Carnia friùlana, non presenta nulla di diverso dagli altri borghi dolomitici di soggiorno estivo e invernale.

Nel paese apparentemente normale vive una popolazione d’antichissime origini carinziane che forma un’eccezionale e caratteristica isola etnica, diventata negli anni 1965-1970 oggetto d’importanti e preziosi esperimenti che si svolsero negli Stati Uniti d’America con la supervisione del professor Albert Bruce Sabin (1906-1993), scopritore del vaccino contro la poliomelite.

Le importanti ricerche furono promosse dall’Istituto Nazionale per la lotta contro i tumori maligni di Bethesda, nel Meryland con la partecipazione di più laboratori universitari degli Stati Uniti d’America, tra cui quello di Cincinnati nell’Ohio. Gli studi miravano a stabilire la responsabilità del virus nella genesi del cancro umano.

Su questa tesi come già provato da studi e, in seguito confermati dagli esperimenti in laboratorio su animali, si cercavano conferme e verifiche sull’uomo per poter comporre quell’importantissimo passo avanti nella cura della malattia con la realizzazione del vaccino immunizzante.

Nell’ambito delle ricerche gli studiosi americani del professor Albert Bruce Sabin in Italia si avvalevano della collaborazione del professor Giovanni Dogo direttore dell’Istituto di Chirurgia Plastica dell’Università di Padova che stava mettendo a punto una serie d’esperimenti su materiale biologico libero da inquinamento proveniente da alcuni tipi di virus ricavati da tessuti umani tratti da alcune particolari comunità.

In definitiva, le cellule provenienti da questi tessuti per le ricerche e gli studi erano inquinati con estratti di tumori o ceppi virali sospettati di promuovere la formazione di neoplasie maligne nell’uomo. Da una meccanica ricerca del tutto differente fin a quel tempo eseguita, i ricercatori con i nuovi studi trovarono preziosi indizi sull’origine virale del cancro umano.

Il problema medico e scientifico dei ricercatori risiedeva nella scelta dei donatori dei particolari tessuti. Dopo accurate ricerche gli studiosi americani erano riusciti ad individuare alcune comunità che, nell’avvicendarsi dei secoli, avevano mantenuto per ragioni ambientali, di costume, di tradizioni o per altre ragioni, una purezza di carattere e quindi un notevole grado di somiglianza genetica, fra cui la comunità degli Indiani Hawasupai della vallata del Gran Canyon, la popolazione olandese dell’Isola di Saba nell’arcipelago delle Antille, la popolazione dei Samaritani di Israele isolati dai compatrioti fin dai tempi biblici.

A queste comunità per un sottile misterioso filo della sorte ha unito la comunità sappadina (1300-1350 abitanti) d’origine carinziana-austriaca, rimasta ai margini della società consumistica lontana e immune dai suoi malanni, quindi si trovava nelle condizioni ideali volute e cercate dagli studiosi statunitensi guidati dal professor Sabin.

Il professor Giovanni Dogo dell’Università di Padova da tempo era a conoscenza dell’isola etnica di Sappada che, a sua volta, presentava analogie con la comunità Cimbra dell’alta Val di IIlasi nel Veronese.

A Sappada il nome delle borgate, il nome degli abitanti, l’architettura spontanea soprattutto impiegando il legno nella costruzione delle case, la lingua locale che è dialetto tirolese conferma l’origine austriaca della comunità, i cui primi pochi abitanti provenienti dal paese di Villgraten s’erano qui insediati alcuni anni dopo l’anno 1000 fuggendo dalla tirannia dei feudali del casato degli Heimfels padroni e despoti dell’alta valle della Drava. Si stabilirono nella valle incolta e disabitata con il permesso del patriarca d’Aquileia e grazie al versamento di una somma annuale, disboscarono, diedero inizio alle coltivazioni d’avena, fava, segale, orzo e all’allevamento del bestiame, diedero inizio al commercio del legname con Venezia.

A questi primi abitati si aggiunsero dal Tirolo orientale altri gruppi famigliari nella prima metà del ‘200. Dal primo censimento disposto nel 1295 dal patriarca di Aquileia, il cui il territorio sappadino apparteneva, si trova scritto che le famiglie abitavano nei masi distribuiti in quattordici borgate.

Il borgo di Sappada per vicissitudini storiche passò nel 1500 sotto l’amministrazione della Repubblica di Venezia, ma nulla cambiò nella vita quotidiana degli abitanti e dalla particolare condizione societaria d’isolamento sottratta solo nel 1762 con la costruzione della strada che collegò Udine ai confini della Carinzia e Tirolo.

La popolazione rimase unita e compatta trovando coesione nell’antica origine difendendola gelosamente nella propria purezza di tradizioni, consuetudini e antichi costumi, fra cui la misteriosa maschera del Rollate originaria dei riti funebri oggi celebrata nel complicato costume carnevalesco. Fino al 1958-60 il 75% dei matrimoni avveniva tra sappadini, il parroco era impegnato nel richiedere le necessarie numerosissime dispense alle autorità ecclesiastiche.

Le origini di purezza dell’antica comunità giustificò la scelta per l’importante studio scientifico. I sappadini sottoposti ai prelievi dai collaboratori italiani del professor Sabin alla guida del professor Giovanni Dogo dell’Università di Padova, erano tutti di giovane età per nulla diversi da tutti gli altri coetanei del resto del mondo.

Soltanto la loro pelle presentava caratteristiche speciali d’eccezionale purezza genetica.

La scelta dei soggetti fu compiuta dopo accurate ed approfondite ricerche negli archivi comunali e della parrocchia, consentendo di ricostruire gli alberi genealogici di parecchie famiglie sappadine risalendo indietro nel tempo di numerosissime generazioni.

Da questa importante ricerca fu possibile identificare con certezza una quindicina di giovani la cui purezza d’origine non aveva subito intromissione d’elementi estranei.

Da questo primo gruppo furono scelti dodici giovani compresi fra i sette e i diciannove anni d’età, per essere sottoposti volontariamente ai prelievi nell’ambulatorio comunale in due turni fra l’estate e l’autunno del 1967.

L’improvvisa notorietà non ha per nulla inorgoglito i giovani che parteciparono alle importanti ricerche scientifiche, così come il resto della popolazione.

Per il ruolo di preziose cavie umane a cui deliberatamente si sono sottoposte non c’è stata alcuna ricompensa. Solo la soddisfazione d’essere gli unici soggetti prescelti in tutta Europa ed aver contribuito per sperimenti di grandissimo interesse scientifico e umanitario nella lotta contro una delle malattie del secolo collaborando alle ricerche del professor Albert Bruce Sabin virologo d’origine polacca naturalizzato statunitense, famoso per aver sviluppato il più diffuso vaccino contro la poliomielite.

Il professor Sabin non brevettò l’importante sua invenzione rinunciando allo sfruttamento commerciale da parte delle industrie farmaceutiche, affinché il contenuto prezzo del vaccino ne garantisse la più ampia diffusione della cura, ricordando più volte: Tanti insistevano che brevettassi il vaccino, ma non ho voluto. E’ il mio regalo a tutti i bambini del mondo. E’ ritenuto dalla comunità internazionale vero benefattore dell’umanità

Dalla produzione e diffusione dell’importante vaccino anti-polio non guadagnò denari, continuò a vivere con lo stipendio di professore universitario. Non ricevette il Premio Nobel per le sue scoperte mediche, in compenso ricevette 40 lauree honoris causa da parte di Università in tutto il mondo.

Nel 1986 il presidente degli Stati Uniti d’America Ronald Regan lo insignì della prestigiosa Medaglia Presidenziale della Libertà.

Renato Zanolli

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